Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLV n. 165 (47.003) Città del Vaticano giovedì 23 luglio 2015 . Francesco interviene all’incontro dei sindaci su cambiamenti climatici e schiavitù moderne Stanziati oltre due miliardi di dollari Ecologia totale Per dare un futuro alla Nigeria Ed esprime le proprie speranze per l’esito del vertice di Parigi La «cultura della cura dell’ambiente non è un atteggiamento solamente “verde”; significa avere un atteggiamento di ecologia umana. L’ecologia è totale». Ha esordito così Papa Francesco parlando a braccio in spagnolo, martedì pomeriggio 21 luglio, durante l’incontro che riunisce in Vaticano i sindaci delle grandi città del pianeta. Scopo del simposio è individuare strategie per contrastare cambiamenti climatici e schiavitù moderne. Nel suo intervento il Pontefice ha richiamato l’enciclica Laudato si’, sottolineando «che non si può separare l’uomo dal resto», perché — ha detto — «c’è una relazione che incide in maniera reciproca, sia dell’ambiente sulla persona, sia della persona nel modo in cui tratta l’ambiente». E, ha aggiunto, «una delle cose che più si nota quando la creazione non è curata, è la crescita a dismisura delle città», le quali si ingrandiscono di continuo «con cordoni di povertà e di miseria». In tale contesto, ha continuato Francesco, è inoltre «coinvolto il fenomeno migratorio», poiché «il mondo rurale non dà opportunità» a chi ci vive, obbligando ad abbandonare le campagne. Tra le cause individuate dal Papa per questa situazione c’è «l’idolatria della tecnocrazia», che a sua volta «porta a distruggere il lavoro», creando disoccupazione. Un’altra ripercussione del maltrattamento dell’ambiente ha a che fare con la salute. È in aumento infatti, ha ricordato, «la quantità di “malattie rare” che provengono da elementi usati per fertilizzare i campi»; senza trascurare poi le conseguenze nefaste delle carenze di ossigeno o di acqua, ha aggiunto accennando anche alla «desertificazione di grandi zone». Connessa con il problema occupazionale e con il fenomeno migratorio, c’è poi la questione della tratta, che può assumere il volto del lavoro nero, ma anche quello della riduzione in schiavitù, fino allo sfruttamento sessuale dei bambini nei Paesi di guerra. Da qui l’auspicio — riecheggiato nel documento finale sottoscritto anche dal Pontefice — che nel prossimo vertice di Parigi «si raggiunga un accordo fondamentale e di base». Il Papa ha assicurato di nutrire molta speranza. «Tuttavia — ha detto — l’Onu deve interessarsi con forza di questo fenomeno». Una famiglia fuggita dalle violenze di Boko Haram (Ap) ABUJA, 22. Di fronte al susseguirsi delle violenze perpetrate dai fondamentalisti islamici di Boko Haram, anche la Banca mondiale ha deciso di intervenire, stanziando circa 2,1 miliardi di dollari per ricostruire il nord-est della Nigeria, devastato dalla piaga dei terroristi. Lo ha annunciato l’ufficio del presidente nigeriano, Muhammadu Buhari, al PAGINA 8 Autobombe dell’Is a Baghdad e nel sud del Paese Il terrore non abbandona l’Iraq BAGHDAD, 22. Il terrore non abbandona l’Iraq. Almeno 19 persone sono rimaste uccise ieri nell’esplosione di due autobombe a Baghdad. La polizia — secondo quanto riferisce France24 — ha precisato che il primo attacco è avvenuto in una strada commerciale nel quartiere sciita di Al Jadida, e ha ucciso 17 persone ferendone 43, per la maggior parte civili. Altre due persone sono morte e nove rimaste ferite nel secondo attacco che ha avuto luogo a Zafaraniya, nel sud del Paese. La pista più probabile — secondo le autorità irachene — è quella del cosiddetto Stato islamico (Is). Da alcune settimane l’Iraq è più intensamente nel mirino degli uomini di Al Baghdadi. Il 17 luglio oltre cento persone sono morte per un attentato suicida avvenuto in concomitanza con la fine del Ramadan a Khan Bani Saad, a pochi chilometri dalla capitale. L’azione era stata successivamente rivendicata dall’Is, la cui avanzata nel Paese è contrastata dalle forze irachene, supportate dalle milizie sciite e dalla coalizione internazionale a guida statunitense. Ma il conflitto con l’Is in Iraq sta avendo anche pesanti ricadute sul piano umanitario. Secondo i dati diffusi ieri dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), sono oltre tre milioni gli iracheni sfollati a causa del conflitto dall’inizio del 2014. Il dato comprende gli oltre 250.000 sfollati da Ramadi, la capitale del governatorato di Anbar, e più di 75.000 persone che, dall’8 luglio, hanno lasciato la zona di Fallujah, dopo che le forze di sicurezza irachene hanno intensificato le operazioni per riprendere il controllo della città. L’Oim precisa che la maggioranza degli sfollati iracheni (67 per cento) hanno trovato rifugio in strutture private quali alloggi in affitto presso famiglie o alberghi. Un numero «inferiore ma significativo», ovvero il venti per cento, vivono invece in condizioni critiche come edifici incompiuti, edifici religiosi, insediamenti informali e scuole. L’otto per cento vive nei campi. «L’Oim continua a lavorare con il team umanitario delle Nazioni Unite, in particolare attraverso il suo meccanismo di risposta rapida, il Governo iracheno e altri partner per fornire assistenza ai più vulnerabili». Con il drastico aumento delle temperature «la consegna rapida ed efficace di aiuti significa salvare vite umane», ha sottolineato in una nota il capo della Missione dell’Oim in Iraq, Thomas Lothar Weis. Intanto, violenze e combattimenti proseguono anche in Siria, dove Centinaia di migranti soccorsi nel Mediterraneo ROMA, 22. A meno di ventiquattro ore dall’accordo europeo sulla ridistribuzione dei migranti nei Paesi membri, non accennano a diminuire gli sbarchi sulle coste italiane. Questa mattina sono arrivati nel porto di Palermo 370 migranti salvati al largo delle coste libiche. So- no 75 donne (13 in gravidanza), 280 uomini, 15 minori accompagnati e nove non accompagnati. Le provenienze sono in gran parte africane, ma anche mediorientali: Nigeria, Ghana, Sudan, Eritrea, Liberia, Senegal, Bangladesh, Somalia, Marocco, Siria, Libia, Etiopia e Paki- y(7HA3J1*QSSKKM( +\!"!/!$!@! Umanesimo a Shanghai A PAGINA 4 Due documenti ecologici ante litteram Brevi pontifici scomparsi FRANCISCO JAVIER FROJÁN MADERO A PAGINA 5 al corrente della situazione e sta lavorando sul caso», hanno indicato fonti diplomatiche spagnole. I tre hanno dato notizie dalla Siria per l’ultima volta sabato 11 luglio. Non è chiaro per ora quando siano stati rapiti. La zona di Aleppo è controllata in buona parte dall’Is e da altre milizie jihadiste. I tre giornalisti erano arrivati da poco ad Aleppo. Uno dei tre, Pampliega, aveva collaborato fra l’altro alla realizzazione di un reportage dedicato ai cittadini spagnoli arruolati nelle milizie jihadiste in Siria. Visita del presidente Mattarella a Malta Tra cristianesimo e confucianesimo ANTOINE GUGGENHEIM l’offensiva dell’Is si fa sempre più intensa. Ma qui, a differenza che in Iraq, la coalizione internazionale a guida statunitense non collabora con il Governo locale del presidente Al Assad. Tre giornalisti spagnoli sono stati sequestrati nella zona di Aleppo, come ha riferito ieri la Federazione nazionale delle Associazioni di giornalisti (Fape). I tre cronisti indipendenti Antonio Pampliega, José Manuel Lopez e Angel Sastre sono stati catturati da presunti affiliati all’Is. Il ministero degli Esteri di Madrid «è Migranti appena sbarcati a Palermo (Ap) stan. I migranti sono stati accolti dalla task force organizzata dalla prefettura che vede impegnati i volontari della Caritas e della Croce Rossa, personale sanitario e delle forze dell’ordine. Quello di Palermo è però soltanto l’ultimo di una lunga serie di sbarchi avvenuti negli ultimi giorni. Ieri la Guardia costiera italiana ha soccorso al largo della Libia quattro gommoni alla deriva con a bordo 96 migranti. E intanto, oggi l’immigrazione è il nodo centrale della visita del presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, a Valletta, nella sua prima visita ufficiale a Malta. Mattarella ha incontrato il presidente maltese, Marie Louise Coleiro Preca, e il primo ministro, Joseph Muscat. «La decisione dell’Unione di distribuire, seppur su base volontaria, le quote di immigranti è un primo passo importante per la condivisione di un problema che non è solo dell’Italia o di Malta ma di tutta l’Europa» ha detto il capo dello Stato. Nel pomeriggio Mattarella visiterà anche il Parlamento. La collaborazione tra l’Italia e Malta è oggi eccellente sia sul piano politico che su quello navale, come sta dimostrando il sup- porto garantito all’operazione europea Triton. Ma l’obiettivo dell’Italia — dicono gli analisti — rimane sempre quello di tenere alta l’attenzione sul Mediterraneo e sulle conseguenze dell’espansione del terrorismo fondamentalista che sta penetrando in varie parti della Libia. Per parlare di questo si terrà proprio a Malta nel prossimo novembre un’importante conferenza internazionale che vedrà la presenza di numerosi capi di Stato e di Governo dell’area. Nel frattempo, sul piano interno italiano, si fa sempre più teso il confronto politico sul tema dell’accoglienza ai migranti. Dopo le proteste di Roma e Treviso, e l’annuncio della rimozione del prefetto di Treviso, i prefetti hanno chiesto un incontro con il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. «I prefetti, i rappresentanti del Governo sul territorio sono lasciati soli ad applicare le direttive del Governo in tema di immigrazione, spesso in totale opposizione con altri rappresentanti dello Stato, in particolare i sindaci. Siamo diventati bersagli, il Governo ci tuteli» ha detto Claudio Palomba, presidente del sindacato più rappresentativo dei prefetti. termine, ieri, di un incontro a Washington con i rappresentati della Banca mondiale e dell’O rganizzazione mondiale della sanità. Poche ore prima Buhari aveva avuto un colloquio nello Studio ovale della Casa Bianca con il presidente Barack Obama, che aveva confermato l’impegno di Washington per sconfiggere i terroristi. I fondi stanziati dalla Banca mondiale serviranno a intensificare gli interventi, anche militari, per fronteggiare l’avanzata, in Nigeria e nei Paesi vicini, degli jihadisti responsabili di una lunga scia di sangue. E poche ore dopo l’annuncio della Banca mondiale, gli estremisti islamici hanno attaccato armi in pugno Buratai, il villaggio d’origine del capo dell’esercito nello Stato settentrionale di Borno, uccidendo due persone e dando fuoco a diverse case. Secondo i residenti, diversi uomini armati sono giunti nella cittadina dov’è nato il generale Tukur Yusuf Buratai sparando all’impazzata e costringendo la popolazione a rifugiarsi nelle campagne. L’attacco è stato seguito da un fallito attentato suicida contro un posto di controllo dell’esercito a Biu, vicino a Buratai, che già ad aprile aveva subito un’altra incursione ancora più sanguinosa, con venti civili uccisi. Boko Haram è un gruppo fondato nel 2002 a Maiduguri, capitale dello Stato di Borno, dall’imam radicale Mohammed Yusuf. Il suo nome significa “L’educazione occidentale è peccato” ed è nato inizialmente come movimento anticorruzione. Da subito si è accattivato il favore della popolazione denunciando la presunta corruzione dei vari Governi nigeriani, l’eredità del colonialismo britannico e l’incapacità di porre fine alla povertà dilagante, nonostante i proventi milionari del petrolio. Nel tempo, l’obiettivo principale dei fondamentalisti è diventato, però, quello di rimettere in piedi il vecchio califfato di Sokoto e imporre come legge la sharia, allontanando dal nord prevalentemente musulmano tutti i cristiani. Dal 2009, per raggiungere questo scopo, l’organizzazione ha cominciato a usare il mezzo terroristico. Soprattutto sotto l’attuale leadership di Abubakar Shekau. NOSTRE INFORMAZIONI Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo Eparchiale di Satna dei Siro-Malabaresi (India) il Reverendo Padre Joseph Kodakallil, finora Parroco della Saint Vincent’s Cathedral. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 giovedì 23 luglio 2015 Le bandiere europea e greca di fronte alla sede del Parlamento ellenico (Reuters) Intervento della Santa Sede ATENE, 22. «È estremamente importante chiudere queste prime azioni per far partire le trattative venerdì». Questa l’opinione del ministro delle Finanze greco, Euclid Tsakalotos, nel giorno in cui il Parlamento greco vota il secondo pacchetto delle misure chieste dai creditori internazionali quali condizioni per il salvataggio del Paese da circa 86 miliardi. Il pacchetto include riforme del codice civile per accelerare i processi in vista dell’adozione della direttiva europea sulla risoluzione bancaria. Rimangono per ora fuori dal pacchetto la riforma delle pensioni e quella della tassazione sugli agricoltori. La portavoce del Governo, Olga Gerovasili, ha spiegato che, non appena il Parlamento avrà approvato le misure, inizieranno i negoziati con i creditori che andranno avanti fino al 20 agosto. Si fa sempre più duro, intanto, lo scontro interno a Syriza, il partito del premier, Alexis Tsipras, dopo che molte importanti figure del movimento hanno votato contro le nuove misure. Ieri Tsipras ha attaccato i dissidenti accusandoli di «nascondersi dietro la sua firma». E nel frattempo, otto giorni dopo il summit della zona euro che ha concluso i negoziati tra la Grecia e i suoi creditori, il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, per la prima volta ha tracciato in un’intervista il suo bilancio sulle trattative. «L’aspetto morale non è la cosa meno importante, però abbiamo evitato il peggio e lo abbiamo evitato non perché siamo stati particolarmente saggi, ma perché avevamo paura: è la paura che ha permesso l'accordo» ha spiegato l’ex premier lussemburghese. «Abbiamo evitato il peggio. Ma su questo punto, come sull’immigrazione, ho constatato una rottura di fatto, che fino a quel momento era virtuale, dei legami di solidarietà in Europa. E dunque esco da questa esperienza contento, ma non felice. Ne esco molto preoccupato per il futuro. Non parlo solo della Grecia, c’è un Ancora disagi per le agitazioni degli allevatori francesi PARIGI, 22. Ancora disagi in Francia per il terzo giorno di dure proteste e blocchi stradali da parte degli allevatori, che manifestano contro i prezzi troppo bassi praticati dalla grande distribuzione su carne e latte. Il Governo francese tenta di aprire la strada verso una mediazione e ha promesso che nell’odierno consiglio dei ministri saranno presentate misure straordinarie per il settore, messo in crisi dai prezzi molto bassi di carne e latte. Ieri pomeriggio, dopo una riunione ministeriale convocata d’urgenza dal premier Manuel Valls, è stato il ministro dell’Agricoltura Stéphane Le Foll a intervenire, annunciando una visita agli allevatori in protesta a Caen, capoluogo della Bassa Normandia. Il ministro dell’Agricoltura ha inoltre anticipato che sono allo studio «16 o 17 proposte» d’intervento per il settore, e garantito il suo «rispetto profondo per la situazione degli allevatori» e la «mobilitazione delle autorità». I manifestanti, però, non sembrano al momento intenzionati ad abbassare i toni. Anzi, il numero di città e luoghi turistici bloccati è aumentato, con la diffusione della protesta dalla Normandia alle vicine regioni della Bretagna e del Perigord. Oltre alla citata Caen, i blocchi stradali con trattori o mucchi di letame sono comparsi ieri anche a Rouen, Evreux e Quimper, oltre che sulla strada che porta alla riproduzione della grotta di Lascaux, sito turistico che attira ogni estate decine di migliaia di visitatori. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va Una nuova idea di sviluppo NEW YORK, 22. Occorre rafforzare l’integrazione delle tre dimensioni fondamentali di uno sviluppo sostenibile: l’economia, la società e l’ambiente. «Senza dubbio non si può affrontare un pilastro indipendentemente dall’altro. Per esempio, privilegiare la protezione dell’ambiente o della crescita economica, senza considerare la dignità della persona umana e il bene comune della società come un tutto, sarebbe contrario alla vera natura dell’agenda». Questo il punto centrale dell’intervento della Santa Sede, lunedì 20 luglio, durante i negoziati intergovernativi relativi all’agenda sullo sviluppo post-2015, un documento che deve tracciare le future linee di azione dell’Onu su tutta una serie di temi cruciali: dall’istruzione all’ambiente, dall’energia all’acqua, dal cibo alla lotta contro le disuguaglianze sociali (il testo integrale dell’intervento è disponibile sul sito del nostro giornale). La Santa Sede ritiene che l’attuale bozza dell’agenda «porti la comunità internazionale nella giusta direzione, verso la realizzazione All’esame del Parlamento greco il pacchetto di misure imposte dai creditori Fino all’ultimo voto Per Juncker l’accordo è positivo ma l’Europa ha rotto i legami di solidarietà insieme di elementi che ci fanno preoccupare molto. Ad ogni modo l’accordo è buono perché esiste». Così Juncker, per la prima volta, parla degli equilibri che hanno consentito di arrivare alla trattativa e all’intesa: «A un certo punto avevo detto che il nuovo Governo greco si stava per suicidare per paura di morire. Abbiamo evitato la morte e abbiamo fatto di tutto per evitare il suicidio. Mi sono detto che se l’eurozona si fosse spaccata a quel punto tutto si sarebbe potuto disintegrare». Per questo «credo sinceramente che la Grecia non abbia alcuna ragione di sentirsi umiliata perché la Commissione europea ha fatto di tutto per smussare gli angoli tenendo conto delle preoccupazioni, delle paure e delle aspettative degli uni e degli altri». La Commissione — ha aggiunto Juncker, difendendo il proprio operato — «è una delle tre istituzioni, con Fmi (Fondo monetario internazionale, ndr) e Bce (Banca centrale europea, ndr), che ha preparato l’accordo finale, ma noi l’abbiamo fatto con maggiore entusiasmo e cuore. La Commissione ha fatto un buon lavoro e in me resiste l’ammirazione per la Nazione greca». di un’agenda universale, ambiziosa e trasformativa che metta fine alla povertà e raggiunga uno sviluppo sostenibile per l’umanità e il pianeta». In particolare, la delegazione della Santa Sede ai negoziati giudica positivamente «il riconoscimento che lo sradicamento della povertà è la più grande sfida globale e la decisione di liberare l’umanità dalla tirannia della povertà in tutte le sue forme». Pur riconoscendo il valore del lavoro svolto per arrivare alla bozza attuale, la delegazione della Santa Sede ha voluto dare alcune indicazioni per possibili miglioramenti. Nessun Paese dev’essere lasciato indietro: l’agenda dell’Onu deve rivolgersi ai bisogni di tutti, senza fare discriminazioni. La bozza deve poi sottolineare «più direttamente» la necessità di un approccio che metta al centro la persona umana e per questo «incoraggiamo la mobilitazione di risorse finanziarie e non finanziarie, attraverso tutti i canali» incluse la scienza, la tecnologia, l’innovazione, guardando in particolare alle popolazioni più povere e colpite dalla crisi. Il virus dell’Hiv arretra senza cure Vertice a Parigi in preparazione alla conferenza dell’Onu di fine anno Passi in avanti verso un’intesa sul clima PARIGI, 22. A quattro mesi dalla cruciale conferenza (Cop21) sul clima di Parigi, si comincia a intravedere qualche concreto passo in avanti per arrivare a un accordo contro il surriscaldamento globale. I rappresentanti di una quarantina di Paesi, tra i quali una trentina di ministri, hanno partecipato ieri a una sessione di negoziati informali a porte chiuse, sempre nella capitale francese, per tentare di allentare le differenze e facilitare la firma di un accordo in vista della Cop21, da molti considerata un’ultima spiaggia per salvare la Terra. La riunione è stata presieduta dal presidente francese, François Hollande. «Ci sono stati passi in avanti», ha annunciato la negoziatrice francese, Laurence Tubiana, sottolineando che i partecipanti al summit hanno fatto progressi su diversi fronti. «Hanno partecipato solo quarantasei Paesi ed ora è necessario unirne altri», ha precisato Tubiana. Erano presenti, comunque, tutti i Paesi maggiormente responsabili dei gas a effetto serra, ad eccezione della Russia. I partecipanti hanno concordato, in particolare, sul principio di arrivare un accordo duraturo, perenne, con un meccanismo di revisione regolare ogni cinque anni che escluda qualsiasi marcia indietro. Il tentativo è anche quello di coinvolgere i Bloccati i lavori del Parlamento indiano NEW DELHI, 22. L’opposizione indiana, guidata dal partito del Congresso I, ha bloccato per protesta la ripresa dei lavori del Parlamento, in seduta fino al 13 agosto. I parlamentari chiedono a gran voce le dimissioni della ministro degli Esteri, Sushma Swaraj, per la vicenda che ha coinvolto Lalit Modi, ex presidente del campionato di cricket, in fuga dalla giustizia indiana dal 2010. GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio politici con sufficiente anticipo, in modo da evitare un fallimento come quello al vertice di Copenaghen nel 2009. La prossima conferenza sul clima riunirà sotto l’egida delle Nazioni Unite i suoi centonovantacinque Paesi membri, dal 30 no- Gaetano Vallini in mancanza di un accordo, potrebbe provocare un impatto grave e irreversibile sulla Terra. Per gli esperti, dopo la Cop21, ci saranno poche altre opportunità per intervenire sulle cause umane che concorrono al surriscaldamento. Agente nel centro di Pechino caratterizzato dall’alto tasso d’inquinamento Ucciso a Kabul un membro dell’alto Consiglio per la pace KABUL, 22. Ancora violenza in Afghanistan. Un membro dell’alto Consiglio per la pace (Hcp) afghano, originario della provincia di Maidan Wardak, è stato ucciso la notte scorsa uscendo da una moschea di Kabul. Lo scrive oggi l’agenzia di stampa Pajhwok. Il portavoce del Governo provinciale, Attaullah Khogyani, ha reso noto che il Maulvi Saleh Mohammad Hottak è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco da sconosciuti nel distretto di Paghman della capitale afghana. La vittima, si è appreso, Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore segretario di redazione vembre all’11 dicembre a Le Bourget, a nord di Parigi. La comunità internazionale si è data come obiettivo prioritario quello di limitare a 2 gradi centigradi l’innalzamento della temperatura causata dalle emissioni di gas a effetto serra, che, Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va era un eminente religioso e da sei anni faceva parte della branca di Maidan Wardak dell’Hcp. La polizia cerca di risalire ai responsabili dell’omicido che per ora non è stato rivendicato. Intanto, un attentatore suicida si è fatto esplodere oggi in una affollata zona di mercato della provincia settentrionale afghana di Faryab, causando la morte di almeno quindici civili e il ferimento di altre 14 persone, fra cui alcuni agenti. Lo ha appreso l’agenzia di stampa Ansa da fonti della polizia. Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale PARIGI, 22. Non ha un volto e nemmeno un nome. Ma tutti già parlano di lei definendola un caso «unico al mondo», «inedito», «eccezionale» in materia di lotta all’Aids. Contagiata dal virus dell’Hiv quando era ancora nel grembo della mamma sieropositiva, una ragazza francese di 18 anni non presenta più tracce del virus da 12 anni. Appena nata, venne subito sottoposta a trattamenti antiretrovirali, e questo senza interruzione per i primi sei anni di vita. Oggi nel suo sangue l’Hiv è presente, ma in quantità molto basse e senza danni per la salute. La ragazza «non è considerata ancora guarita, ma è in buona salute pur non prendendo più i farmaci» ha affermato Asier Saez-Cirion dell’Istituto Pasteur di Parigi, che ha presentato ieri il caso all’International Aids Society di Vancouver. Si tratta della prima paziente sieropositiva — evidenzia l’Istituto in una nota — che è in remissione dalla malattia per un periodo di tempo così lungo. Anche se non si conoscono nel dettaglio i motivi della regressione, si tratta comunque di «un fatto clinico importante che apre nuove prospettive». Si sta facendo largo la convinzione della necessità di somministrare il più presto possibile a tutti i neonati sieropositivi trattamenti antiretrovirali in modo da permettere al corpo di «controllare la malattia». Pyongyang amplia una rampa di lancio per missili PYONGYANG, 22. La Corea del Nord ha costruito una rampa di lancio per missili a lungo raggio più grandi di quelli finora sperimentati. Lo riporta l’agenzia sudcoreana Yonhap, secondo cui il regime comunista di Pyongyang ha avviato a fine 2013 i lavori di estensione della rampa di Dongchang-ri da 50 a 67 metri di altezza. Esperti militari ritengono ora possibile il lancio di vettori doppi rispetto ai 30 metri dell’Unha-3, usato a dicembre 2012 per mettere un satellite in orbita. «Crediamo Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 che la Corea del Nord utilizzerà la struttura di Dongchang-ri per lanciare un missile a lungo raggio più grande dell’Unha-3», ha rilevato la fonte governativa sudcoreana che ha ipotizzato una mossa “provocatoria” intorno al 10 ottobre con il settantesimo anniversario della fondazione del Partito dei Lavoratori. Alla Corea del Nord è vietato, dopo le risoluzioni ad hoc del Consiglio di sicurezza dell’Onu, di tenere i test di vettori utilizzando la tecnologia dei missili balistici. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 23 luglio 2015 pagina 3 Abitanti del villaggio di Buye in fila per votare (Afp) La prima dall’inizio del conflitto nello Yemen Nave con aiuti umanitari attracca ad Aden SANA’A, 22. Una nave da carico con le insegne delle Nazioni Unite ha attraccato ieri nel porto di Aden per consegnare aiuti di prima necessità alla popolazione stremata: lo ha annunciato il governatore Nayef Al Bakri, sottolineando che si tratta Il Parlamento iraniano esamina l’accordo sul nucleare TEHERAN, 22. Intervenendo ieri davanti al Majlis, il Parlamento monocamerale di Teheran, il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ha difeso l’accordo in materia nucleare firmato l’11 luglio scorso a Vienna con il gruppo cinque più uno. Accordo che Zarif ha definito «equilibrato», e nel quale «gli obiettivi chiave dell’Iran sono stati raggiunti». Ora spetterà allo stesso Majlis, così come al Congresso degli Stati Uniti sul versante opposto, ratificare l’intesa: un adempimento che non rischia di saltare, stante il pieno appoggio già manifestato dall’ayatollah Ali Khamenei, guida suprema della rivoluzione islamica e, in quanto tale, massima autorità anche istituzionale. L’ala più conservatrice potrebbe però rallentare l’iter di approvazione: un espediente le cui avvisaglie sono visibili nella decisione di creare una commissione speciale incaricata di studiare il testo e di emettere pareri, i cui quindici membri debbono però ancora essere designati. Nel frattempo, il segretario alla Difesa statunitense, Ashton Carter, sta cercando di rassicurare gli alleati di Washington in Medio oriente sull’accordo nucleare concluso con Teheran. Dopo la tappa in Israele — dove ieri ha incontrato il premier Benjamin Netanyahu e ha ammesso l’esistenza di divergenze sull’intesa nucleare con l’Iran — Carter è giunto in Giordania e successivamente si recherà in Arabia Saudita. E sempre ieri Netanyahu ha incontrato il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Matteo Renzi, ribadendo che quello sul nucleare è «un cattivo accordo» che si traduce in una «grave minaccia per il Medio oriente». Renzi invece ha difeso l’intesa di Vienna, sostenendo anche che la sicurezza di Israele è «un dovere e un diritto». Oggi Renzi si sposterà nei Territori palestinesi per l’incontro con il presidente Mahmoud Abbas. della prima volta che i soccorsi riescono a raggiungere la città, la seconda dello Yemen e la più importante al sud, «dall’inizio della guerra». L’arrivo del cargo è stato confermato da Reem Nada, portavoce del Pam, il Programma alimentare mondiale responsabile della spedizione, tentata più volte nelle ultime settimane ma sempre fallita a causa dei violentissimi combattimenti. Ad accogliere i soccorsi c’era tra l’altro una delegazione del Governo yemenita in esilio fedele all’ex presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, deposto alla fine di gennaio dagli huthi e fuggito proprio ad Aden. I miliziani sciiti avrebbero espugnato la città meno di due mesi dopo per esserne infine scacciati a metà luglio. Il cargo comprende «4.700 tonnellate di prodotti alimentari e farmaceutici», ha indicato il ministro dei Trasporti, Badr Balsameh, presente al porto, aggiungendo che arriverà ad Aden anche una seconda nave carica «di aiuti medici per Duro commento di Washington Elezioni in Burundi non credibili BUJUMBURA, 22. Le contestate elezioni presidenziali di ieri in Burundi, contraddistinte da diversi episodi di violenza, «sono carenti di credibilità» e «l’insistenza del Governo nel farle comunque svolgere lo screditerà ulteriormente, mettendone a repentaglio la legittimità agli occhi dei suoi stessi concittadini e della comunità internazionale». È questo il duro commento dell’Amministrazione statunitense sulla consultazione, che — dopo due rinvii — vede il presidente uscente, Pierre Nkurunziza, in cerca del terzo mandato consecutivo, malgrado la Costituzione burundese ne ammetta al massimo due. «La legittimità dell’intero processo elettorale — precisa il portavoce statunitense, John Kirby — è stata macchiata dagli abusi del Governo ai danni di esponenti d’opposizione e dei civili». L’affluenza alle urne si profila comunque molto bassa. A sostenerlo non sono soltanto le forze dell’opposizione, che in blocco hanno boicottato il voto, ma anche alcuni esponenti della commissione elettorale indipendente per la provincia centrale di Gitega, una delle roccheforti di Nkurunziza. Per gli analisti, il presidente uscente dovrebbe vincere a mani basse la consultazione. La caotica situazione nel Paese accentua le rivalità fra le tribù tubu e tuareg nel Paese Sanguinosi scontri nel sud-ovest della Libia TRIPOLI, 22. Violenti scontri intertribali, iniziati lo scorso 14 luglio, a Sabha, località a 750 chilometri dalla capitale libica, hanno causato almeno 40 morti e decine di feriti. Lo hanno riferito fonti mediche. Giovedì scorso era stato siglato dalle tribù tubu e tuareg — rivali già Operazione contro il terrorismo islamico in Lombardia ROMA, 22. Nuova operazione antiterrorismo in Italia. La polizia di Milano ha arrestato oggi a Brescia due persone accusate di «associazione con finalità di terrorismo, anche internazionale e di eversione dell’ordine democratico». Le indagini, condotte dagli uomini della Digos e del servizio della polizia postale, hanno permesso di accertare che gli indagati, sostenitori del cosiddetto Stato islamico (Is), diffondevano in internet messaggi in cui esaltavano la causa del terrorismo di matrice islamica e minacciavano azioni a Roma e a Milano. In manette sono finiti un cittadino tunisino di 35 anni e un pakistano di 27 anni. Tutti e due avevano i documenti in regola e vivevano in Italia da anni; lavoravano come manovale uno e come addetto in una ditta di pulizie l’altro. L’italiano era la lingua comune che i due usavano 2.135 tonnellate, inviata dagli Emirati Arabi Uniti». D’altra parte, oltre l’80 per cento della popolazione necessita di aiuti umanitari. E, intanto, si fa sempre più drammatico il bilancio delle vittime del conflitto nello Yemen: almeno 165 civili, tra cui 53 bambini e 23 donne, sono morti uccisi tra il 3 e il 15 luglio nel corso degli intensi combattimenti. Altri 210 civili sono stati feriti nello stesso periodo, ha affermato ieri a Ginevra l’ufficio dell’alto commissario Onu per i Diritti umani. Il bilancio totale delle vittime civili nello Yemen dal 26 marzo, data dell’avvio dell’offensiva della coalizione saudita contro l’avanzata dei ribelli huthi, è ora salito ad almeno 1.693 morti e 3.829 feriti. «La maggior parte delle vittime risultano causate da attacchi aerei, ma i civili sono anche regolarmente feriti e uccisi da colpi di mortaio e combattimenti nelle strade», ha aggiunto il portavoce Onu Rupert Colville. per comunicare tra loro, come rivelano anche le intercettazioni telefoniche che sono state disposte dagli investigatori coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli. «Il nostro sistema di controllo dimostra ancora una volta la sua efficacia» ha dichiarato il ministro degli Interni italiano, Angelino Alfano. Il tunisino aveva creato anche un account Twitter e, insieme al complice pakistano, progettava azioni terroristiche nel territorio italiano. Messaggi deliranti a firma dell’Is erano messi in rete, scritti a penna su un foglio e con, sullo sfondo, le immagini di alcuni luoghi come il Colosseo, il Duomo o la stazione di Milano. Immortalati con la stessa tecnica anche mezzi della polizia di Stato e della polizia locale, fermate della metropolitana, tratti autostradali e bandiere dell’Expo. all’epoca del regime di Gheddafi — un accordo per un cessate il fuoco di una settimana, che però è durato solo fino a ieri quando sono ripresi i combattimenti. Oussama El Wafi, portavoce dell’ospedale di Sabha, ha lanciato un appello agli abitanti a proteggere la struttura. Miliziani jihadisti braccati in Tunisia TUNISI, 22. Si è intensificata in Tunisia la lotta al terrorismo dopo l’attentato del mese scorso al resort di Sousse, in cui sono morti 38 turisti, in maggioranza britannici. L’esercito tunisino è ancora impegnato in operazioni antiterrorismo, questa volta nei pressi del Monte Mghila, nella delegazione di Jelma a Sidi Bouzid (centrosud del Paese). Bombardamenti intensivi sono stati segnalati da media locali della zona, che ritengono le forze armate tunisine all’inseguimento di quattro presunti terroristi (Said Karoui, Saifeddine Jamali, Mohamed Basdouri, Issam Afi) per i quali il ministero dell’Interno tunisino nella giornata di ieri aveva emesso un avviso di ricerca, probabilmente rifugiatisi in quelle zone. I notabili delle due tribù hanno rivolto un appello ai responsabili militari di Tripoli a intervenire per ripristinare l’ordine, ma senza ricevere finora nessuna risposta. Quest’ondata di violenze ha provocato la fuga di centinaia di famiglie, secondo fonti di Sabha. D ell’accordo di pace firmato una settimana fa dal Governo di Tobruk e alcune fazioni libiche ha intanto ieri parlato a Roma l’inviato speciale dell’Onu, Bernardino León. «È la luce in fondo al tunnel — ha detto — di una crisi che ha davanti a sé ancora molte giornate buie». León ha incontrato il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, per fare il punto su una situazione che vede l’Italia in prima linea e non solo per il rapimento dei quattro tecnici della Bonatti. «Senza l’Italia l’accordo firmato in Marocco non sarebbe stato possibile, è un passo molto importante. Ora c’è una Road Map», ha detto León che, in conferenza stampa con il titolare della Farnesina, ha per un attimo tirato un sospiro di sollievo dopo mesi di lunghe e difficili trattative. Ma, ha subito avvertito, «dobbiamo essere realisti. Ci sono ancora molte cose da fare». In primis, continuare a lavorare per la creazione di un Governo di unità nazionale che, in altre parole, vuole dire convincere l’Esecutivo di Tripoli — controllato dalle milizie islamiche ma non riconosciuto dalla comunità internazionale — a firmare l’intesa. Su questo punto l’inviato dell’Onu è possibilista. «Il Congresso nazionale generale non è un blocco monolitico e ci sono posizioni favorevoli a sostenere l’accordo se saranno fatti alcuni cambiamenti». Decisivo ruolo del Marocco per la stabilità del Mediterraneo RABAT, 22. «È l’Unione europea che ha bisogno del Marocco, più di quanto il Marocco non abbia bisogno di noi». Federica Mogherini, alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, in una conferenza stampa a Rabat, ha sottolineato l’importanza strategica del Paese maghrebino per fare dello spazio euro-mediterraneo una zona di pace e per risolvere i conflitti regionali. Terrorismo, migrazioni, conflitto libico sono stati al centro degli incontri tra il ministro degli Esteri marocchino, Salaheddine Mezouar, e il capo della diplomazia europea, arrivata ieri a Rabat per la sua prima visita ufficiale nel Paese. Federica Mogherini non ha esitato a definire il Paese strategico e il legame con l’Ue basato su un rapporto di fiducia. «Insieme — ha detto — condividiamo la stessa re- gione che è quella del Mediterraneo, che è forse, al momento, la zona più difficile del mondo. Lavoriamo insieme sulle crisi in atto per assicurare una migliore stabilità ai nostri cittadini e permettere di immaginare un futuro migliore alle generazioni future». L’alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue ha a lungo ringraziato il Marocco per il suo ruolo fondamentale giocato nel dialogo libico (i negoziati con la mediazione dell’Onu si svolgono a Skhirat, nei pressi di Rabat). «Un passo avanti che è salutare non soltanto per l’Africa del Nord e per l’Unione europea, ma anche per tutta la comunità internazionale». Quanto alla lotta contro il terrorismo, ha concluso Federica Mogherini, il Marocco «è essenziale nello scacchiere europeo e internazionale». Offensiva dell’esercito congolese KINSHASA, 22. Violenti combattimenti sono in corso nel territorio di Beni, nel nord Kivu, nella provincia orientale della Repubblica Democratica del Congo. A fronteggiarsi — informano giornalisti sul posto — sono le truppe dell’esercito di Kinshasa e i ribelli jihadisti ugandesi delle Forze democratiche alleate (Adf-Nalu). La vasta operazione militare, denominata Sokola, ha spiegato il tenente Make Hazukay, portavoce del’esercito, è iniziata la scorsa settimana, con i combattimenti che si stanno concentrando nelle ultime ore tra i villaggi di Hatukaka e di Bilimani. Secondo lo stesso portavoce, le forze armate congolesi avrebbero ripreso il controllo della valle di Mutara, posizione strategica situata a circa ottanta chilometri da Beni. Non è stato ancora fornito un bilancio ufficiale delle vittime. I ribelli delle Adf-Nalu sono tra l’altro accusati dal Governo di essere autori degli attacchi all’arma bianca che, sempre nel territorio di Beni, hanno provocato negli ultimi mesi la morte di oltre quattrocento civili. L’ultimo assalto si è verificato martedì scorso nel villaggio di Kakuka, con nove vittime, molti feriti e diverse abitazioni saccheggiate e poi date alle fiamme. Arrestati in Mali quindici fondamentalisti BAMAKO, 22. Truppe del Mali hanno distrutto due campi di jihadisti e hanno arrestato 15 militanti islamisti nel corso di operazioni condotte nella regione meridionale di Sikasso, al confine con la Costa d’Avorio. Lo hanno riferito ieri fonti militari. Tra gli islamisti arrestati, figura un predicatore radicale giunto dalla Costa d’Avorio per costruire una sua moschea in un villaggio del Mali. In un altro raid nei pressi della città frontaliera di Fakola, razziata il 28 giugno scorso in un’incursione rivendicata dal gruppo fondamentalista Ansar Dine, l’esercito maliano ha sequestrato armi, esplosivi e motociclette. Nella scorsa settimana, l’esercito maliano aveva ucciso molti jihadisti e aveva distrutto il loro campo, nella foresta di Sama. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 giovedì 23 luglio 2015 Un tempio di Confucio in Cina Un costruttivo dialogo interculturale tra Europa e Cina può aiutare a fare luce sulla concezione dell’uomo Inteso nella sua individualità e come elemento della società e della storia Tra cristianesimo e confucianesimo di ANTOINE GUGGENHEIM n occasione di una conferenza all’università di Nanchino ho avuto l’opportunità d’incontrare studenti cinesi che si preparavano a partire per la Francia per sostenere la loro tesi e i loro colleghi francesi di scienze politiche, che erano in Cina per un anno di full immersion linguistica e culturale. L’antica capitale di sei dinastie cinesi, situata oggi nell’area economica di Shanghai, è a un’ora e mezza da quella megalopoli cosmopolita di 24 milioni di abitanti. Nanchino attira perciò sempre molti stranieri. La Cina non ha più remore a ricostruire continuamente i suoi monumenti, perché continuino a rendere la loro testimonianza storica, di quante ne abbia a promuovere l’insegnamento universitario in altre lingue oltre al cinese, per favorire gli inviti di docenti e l’incontro di studenti di diversi Paesi. «Europa-Cina; genesi dell’umanesimo» il titolo della conferenza. Si tratta di riunire e analizzare alcuni punti nodali della storia europea, o euro-mediterranea, per comprendere il significato e l’attualità dell’umanesimo così tipico dell’Europa e di esaminare le basi di un dialogo interculturale con l’umanesimo confuciano. Si tratta di chiarire e orientare la globalizzazione e il cambiamento tecnologico in corso attraverso ricerche e azioni, comuni ai cattolici e ai non cattolici, attente alle interazioni delle diverse dimensioni di un’esperienza nuova: l’essere umano nel XXI secolo. Oltre ai seminari che tengo, su Tommaso d’Aquino o sull’etica, posso così seguire gli insegnamenti sul pensiero tradizionale cinese, le tre sorgenti che fanno una via (dao) — taoismo, confucianesimo e buddismo — e partecipare a ricerche sul suo incontro con l’occidente (“confucianologia e cristianologia”) così come vengono generalmente proposte nei dipartimenti di filosofia comparata, come il centro Xu-Ricci per il dialogo di Fudan. Dopo due ore di conferenza e un’ora di dibattito con gli studenti, uno di loro, un francese, mi chiede: «Si può parlare di umanesimo cinese quando la Cina ha una concezione olistica dell’uomo e l’umanesimo europeo consiste nel confidare nelle capacità degli individui di realizzarsi?». Il dibattito permette in definitiva di giungere alle domande vere, quelle in cui i pregiudizi personali, o semplicemente il sapere acquisito al di fuori del dialogo interculturale, sia Umanesimo a Shanghai I esso giusto o sbagliato, si rivelano un ostacolo intellettuale ed effettivo per l’acquisizione di nuove conoscenze sull’altro. Rispondo che tale era più o meno il mio pensiero alcuni anni fa. Non aggiungo che in questo giudizio si trasmette l’insegnamento del disprezzo di cui l’Ottocento europeo aveva circondato la storia del pensiero cinese. Il Sei e il Settecento avevano un altro atteggiamento nei loro rapporti con l’Impero di mezzo. Matteo Ricci e Leibniz non hanno mai pensato che la civiltà europea avesse il monopolio dell’umanesimo. Il pensiero cinese era per loro la controparte di un dibattito leale con Il confronto è una sfida che assume un profilo peculiare al tempo della globalizzazione e del cambiamento tecnologico ciò che avevano di più caro. Per rispondere al mio interlocutore e agli altri miei lettori che la pensano in modo simile, riprendo alcuni elementi della discussione contestualizzandola. L’umanesimo, nella storia dell’Europa, è legato ai tempi di crisi. È un tentativo di rispondere alla domanda: come trasformare le crisi in occasioni di rinascita? In momenti di sconvolgimento, legati a un accumulo di mutamenti tecnologici, alla scoperta di nuovi spazi, o di modi di pensare diversi, oppure all’indebolimento dei pilastri del consenso sociale — la verità, la giustizia, la saggezza di vita — la trasmissione delle tradizioni e la continuità storica, che inseriscono normalmente ognuno in una società e ogni generazione in una storia, rischiano d’interrompersi. Quando c’è una rottura di tradizione o una frattura sociale, una generazione morirà in un mondo diverso da quello in cui è nata. Non avendo più le chiavi per capire i cambiamenti e neppure per orientarli in un senso che le sembra È morto lo scrittore E.L. Doctorow Uno sguardo (d’amore) sull’America Amava raccontare il passato collocando personaggi di finzione in contesti storici realmente esistiti: un registro narrativo che ruotava sempre intorno a un unico fulcro, l’uomo, con il corredo di sogni, delusioni, contraddizioni. È morto martedì 21, all’età di 84 anni, lo scrittore statunitense E.L. Doctorow, assurto alla fama con le opere Ragtime (1975), uno sguardo a ritmo di jazz sulla New York dei primi anni del ventesimo secolo, e Billy Bathgate (1989) che vede il giovane Billy, durante l’epoca del proibizionismo, prendere lezioni per diventare il perfetto gangster. Ma già nel 1971 lo scrittore aveva lasciato il segno con il libro The Book of Daniel, romanzo di formazione, con il protagonista che è figlio di attivisti di sinistra giustiziati con l’accusa di spionaggio: dalla sua storia personale e familiare Daniel riuscirà, attraverso un profondo travaglio interiore, a trarre un senso e a forgiarsi una solida identità. Doctorow aveva esordito come sceneggiatore: amava il cinema dal quale però, per sua stessa ammissione, si sentì sempre «tradito». Aveva insegnato in varie università statunitensi, tra cui Princeton e Yale. Venne poi maturandosi il desiderio di raccontare l’America, tra paure ataviche e ambizioni di gloria. In questo contesto s’inserisce The March (2005), narrazione della celebre campagna militare del generale William Sherman attraverso il sud, da Atlanta fino al Nord Carolina, durante la guerra di secessione. E la sua risposta agli attentati dell’11 settembre è Lamentation, un’opera che raccoglie riflessioni dolenti sull’umanità lacerata nei suoi affetti. Grande apprezzamento riscossero i saggi su Jack London ed Ernest Hemingway. Aveva ricevuto numerosi premi letterari, tra cui il National Book, due volte il Pen/Faulkner Award e tre volte il National Book Critics Circle Award. Per gli Stati Uniti era ormai diventato un’istituzione, come testimoniano le parole del presidente Barack Obama che, nell’esprimere anche a nome dei connazionali il proprio cordoglio, ha dichiarato: «I suoi libri mi hanno insegnato molto». E c’è anche spazio per un vezzo: la E di E.L. Doctorow sta per Edgar Allan Poe, amatissimo dai suoi genitori. (gabriele nicolò) coerente con i suoi punti di riferimento più profondi, essa rischia di essere sacrificata sull’altare dei “domani che cantano”. Il pericolo genera la paura e la paura è una cattiva consigliera. L’umanesimo europeo è la filosofia che cerca di trasformare le rotture storiche in occasioni di rinascita. Teilhard de Chardin ha osservato come i progressi tecnologici propongano sfide etiche nuove che invitano a un approfondimento di umanità. Un rapido excursus storico lo conferma. L’eredità dell’antichità greca consiste nel fare della parola e della ragione la luce della vita comune nella città. All’epoca dell’impero romano universale, i filosofi stoici inventano il cosmopolitismo per accompagnare i cittadini che non trovano più la pace in una città particolare. Perciò universalizzano il lògos che regola la vita di una città, estendendolo all’oikoumene. Il diritto romano traduce questa visione alla vita quotidiana. Che cambiamento spirituale! «Nulla di ciò che è umano mi è estraneo», se il lògos che mi guida è quello che anima il kòsmos. Eppure la schiavitù rimane… È un’altra dimensione dell’umanesimo europeo a nascere dalla crisi dell’uscita dalla schiavitù del popolo d’Israele. Nell’Esodo la liberazione del popolo e la scoperta della sua identità non derivano dall’affermazione della sua forza contro l’altro, ma dalla rivelazione dell’Altro, il Soggetto assoluto, grazie al quale ognuno diviene anche un “Io” e impara a dire “Io sono”. L’umanesimo cristiano propone una sintesi particolare tra umanesimo greco e umanesimo ebraico. Ripercorrendo tutta la condizione umana, dall’incarnazione all’ascensione, Gesù Cristo rivela la dignità di ogni persona, fonte di gioia. Come Dio è uno e trino, così l’umanità è una e plurale. La redenzione per mezzo della croce significa che il perdono reciproco è la fonte dell’agire morale di tutti. Paolo iscrive la storia nella condizione umana, riassumendo l’atteggiamento spirituale dei credenti attraverso la fede in Colui che ha compiuto queste meraviglie, la carità che ispira un’arte di vivere e la speranza che discerne i segni dei tempi a venire. I Padri della Chiesa, seguendo il Nuovo Testamento, avranno l’ingegno di riavvicinare l’affermazione della Genesi sull’uomo e sulla donna creati «a immagine di Dio», ovvero in relazione, da eguale a eguale nell’amore, a quella della salvezza universale per mezzo di Cristo. Alla base dell’umanesimo dei cristiani si trova la speranza che l’umanità salvata divenga il corpo di Cristo. Eppure ci sono stati i pogrom, le crociate e i tribunali dell’Inquisizione. È giusto — almeno come speranza — valutare il contributo dell’islam all’umanesimo europeo. L’uomo è vicario di Dio sulla terra. Il che significa che è il suo portavoce nell’ordine religioso e teologico e al tempo stesso autonomo nell’ordine filosofico e scientifico. Averroè propone una chiave di lettura possibile di questa armonia nella separazione, che non è poi tanto lontana dalla concezione moderna della separazione tra sfera politica e sfera religiosa, anche se non è realizzata nei fatti: la verità non si contraddice da sola. Maimonide e Tommaso d’Aquino diranno lo stesso: la rivelazione e la fede non si contraddicono perché sono due scienze, due ali della conoscenza del reale. Ma chi può vederlo? Per questo la fede è inseparabile dalla misericordia: tutte e due sono necessarie per organizzare la città terrena e trovare il paradiso. Perché ci sia umanesimo ed «esistenzialismo musulmano» come chiede Ab- Questo celebre testo di Confucio a carattere autobiografico può darcene un’idea: «A quindici anni mi impegnai a imparare, a trenta mi sono retto in piedi. A quarant’anni sono cessati i dubbi. A cinquant’anni ho conosciuto la volontà del Cielo. A sessanta l’orecchio si è fatto obbediente. A settanta, posso seguire i desideri dell’animo, senza infrangere regole» (Lun Yu II, 4). Ci vorrebbero ore per commentare questo testo che propone la maturazione e l’interiorizzazione umana come il progetto più grande dell’umanità, fino a una completa libertà del cuore che ricorda alcune pagine di Agostino sulla resurrezione nel Civitate Dei. Per la sua particolare posizione nel mondo delle religioni — è o non è una religione? — il confucianesimo antico aiuta a capire quanto possa essere naturale e fecondo il dialogo tra le due forme religiose e secolari dell’umanesimo. La Cina, in alcuni momenti della sua storia, forse precede l’occidente su questa via. La differenza di punti di vista e, sotto certi aspetti, la rottura tra pensiero religioso e pensiero secolare non deve diventare un’amnesia. Nell’incontro, l’uno è sempre l’interlocutore e il contesto dell’altro. Si può parlare del loro duo come della legge del nuovo umanesimo. Umanesimo chiuso, umanesimo aperto, comunque li si chiami, hanno la loro autorevolezza, la loro consistenza, la loro debolezza. Credo che il loro dialogo sia volontà di Dio, un segno dei tempi. Le nostre questioni oggi sono fondamentalmente più culturali che politiche o economiche. Giovanni Paolo II l’ha ricordato nella sede dell’Unesco a Parigi nel 1980. Universalità e differenza, tradizione e modernità, credere e sapere, post-umanesimo o nuovo umanesimo: il concilio Vaticano II ci fornisce, per questi grandi dibattiti del nostro tempo, strumenti che possono orientare i cammini dell’azione pastorale e della ricerca ecclesiale. «Cresce sempre più — si legge nella Gaudium et spes (55) — il numero degli uomini e delle donne di ogni gruppo o nazione che prendono coscien- dennour Bidar, occorre solo che i fedeli, i filosofi e i teologi dell’islam da parte loro approfondiscano i cammini dell’intimo e dell’alterità, all’ascolto delle loro fonti e delle altre tradizioni, affinché la trascendenza ardente di Allah, l’eternità del Corano increato, e le leggi del destino non ostacolino, bensì liberino la libertà umana e la pluralità delle culture. L’umanesimo dell’età dei Lumi propone un metodo di fondazione dell’umanesimo e della società politica che si fonda non su una metafisica religiosa, ma su una spiritualità “laica” o secolare. Esso ha influenzato l’ordine del mondo e le istituzioni politiche e culturali più importanti che l’organizzano dalla fine della prima e soprattutto della seconda guerra mondiale. Il filosofo Marcel Gauchet esprime la sua ricerca di una «antropo-sociologia trascendentale». Il genetista Axel Kahn organizza la sua riflessione su una morale metafisica. Henri de Lubac medita a fondo su Il dramma dell’umanesimo ateo, ma si può anche chiamare questo umanesimo una fede nell’uomo che unisce credenti e non credenti su molti temi. Giovanni XXIII e Paolo VI, come ricorda Papa Francesco nella bolla d’indizione del giubileo della misericordia, hanno indicato solide prospettive per questo dialogo di verità senza il quale entrambi gli umanesimi ci perderebbero. L’agnosticismo aperto, ha ricordato Benedetto XVI ad Assisi nel 2012, accompagna i credenti nel loro pellegrinaggio verso la verità e la pace. La sfida che il dialogo tra queste due forme dell’umanesimo rappresenta, assume un profilo nuovo al tempo della globalizzazione e del cambiamento tecnologico in corso. Il suo campo non si limita, come nel Cinquecento, nel Settecento, o ancora nel Novecento, all’Europa e alla sua influenza nel mondo. La globalizzazione delle questioni politiche e tecnologiche e della crisi del senso antropologico, sono eventi policentrati, al contempo locali e globali. Le risposte da elaborare sono quindi al contempo locali e mondiali. Esse richiedono un ascolto reciproco e la creazione di reti di persone e di istituzioni su scala internazionale. Si pone allora il delicato problema dell’interculturalità. Che cosa può offrire la storia del pensiero cinese per alimentare l’incontro interculturale di quanti credono nell’uomo? Due idee confuciane mi sembrano particolarmente importanti e opportune oggi. La prima: la conoscenza dell’uomo è il cammino e la chiave dell’armonia della socieMiniatura raffigurante Matteo Ricci con vesti cinesi tradizionali tà umana. L’uomo è anche la misura di ogni sapere umano della natura e di ogni azione giusta su di essa. La misu- za di essere artefici e promotori della ra, o se si vuole il metro, non il «pa- cultura della propria comunità. In tutto drone e proprietario», come rivendica il mondo si sviluppa sempre più il senCartesio sfigurando il messaggio della so dell’autonomia e della responsabilità, cosa che è di somma importanza Genesi. Il senso dell’umano nella sua duplice per la maturità spirituale e morale dimensione individuale e sociale: è la dell’umanità. Ciò appare ancor più seconda idea. Le due idee non si op- chiaramente se teniamo presente l’unifipongono, come simboleggia il fatto che cazione del mondo e il compito che ci il carattere cinese che denota la virtù si impone di costruire un mondo midell’umanità include il segno della dua- gliore nella verità e nella giustizia. In lità. Ma, per Confucio, il senso tal modo siamo testimoni della nascita dell’umano non implica l’esaltazione d’un nuovo umanesimo, in cui l’uomo del genio dell’individuo, così come il si definisce anzitutto per la sua responQuattrocento l’ha immaginata e insce- sabilità verso i suoi fratelli e verso la storia». nata nel bene e nel male. L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 23 luglio 2015 pagina 5 Le lastre commemorative con i due brevi sul muro della Mata Martin West nel ricordo del suo allievo più illustre Il testo prima di tutto di NICHOLAS RICHARDSON artin West, uno dei più illustri esponenti degli studi classici della sua generazione, è morto improvvisamente il 13 luglio 2015, all’età di 77 anni. Dopo avere frequentato l’università al Balliol College di Oxford (1955-59), divenne ricercatore al St John’s (1960-63) e poi professore di materie classiche allo University College di Oxford (1963-74). Da Oxford, si trasferì alla University of London come professore di greco (Royal Holloway e Bedford New College, dal 1974 al 1991). Nell’ultima parte della sua carriera, tornò a Oxford come senior research fellow all’All Souls’ College (dal 1991 al 2004). Rimase legato all’All Souls anche dopo il pensionamento e venne nominato professore emerito nel 2014. La produzione accademica di West è fenomenale. Dichiarò di recente che i suoi interessi principali vertevano su «la lingua, la letteratura e la musica greche, la poesia e i miti indoeuropei, e il primo zoroastrismo». È stato autore di molte edizioni di opere fondamentali della letteratura greca, specialmente nel campo della poesia da Omero alla fine del V secolo, e di numerosi libri e articoli su altri argomenti relativi alla letteratura, alla lingua, ai testi critici, alla metrica e alla musica del periodo classico. Ma sviluppò anche un interesse nella relazione che le culture classiche, greca e latina, intrattenevano con il più vasto contesto delle altre civiltà indoeuropee e anche del Vicino Oriente (o, come preferiva dire lui, dell’Asia occidentale). Le sue due opere principali su questi argomenti sono The East Face of Helicon. West Asiatic Elements in Greek Poetry and Myth (1997) e Indo-European Poetry and Myth (2007). Da questo punto di vista, l’opera di Martin West potrebbe forse essere paragonata a quella di alcuni antropologi di un secolo fa, in particolare sir James Frazer, che ne Il ramo d’oro tentava di collocare la religione e i miti greci in un ben più ampio contesto comparativo. Come Frazer, egli univa l’abilità di raccogliere una vasta quantità di materiale, tratto da altre culture, alla competenza e alla precisione dimostrate M mente di quelli che «hanno l’ambizione di costruire dei ponti che vanno dall’opera in discussione al resto della letteratura antica». I suoi commenti ai poemi di Esiodo costituiscono un esempio eccellente di questo principio. Nella storia letteraria, come nel lavoro testuale, West insisteva sul bisogno di riconsiderare, in maniera fresca e critica, i tradizionali resoconti tramandati dall’antichità e di essere pronti ad avanzare nuove ipotesi, anche ardite. Come egli stesso ammetteva, le sue speculazioni e conclusioni furono spesso oggetto di accesi dibattiti, ma lui difendeva questo approccio affermando che «bisogna a volta usare la propria immaginazione, continuando a mantenere uno spirito critico (e autocritico)». È stata questa miscela di acume critico e vasta immaginazione a rendere originale il suo lavoro. West era l’uomo più felice del mondo quando si trovava all’All Souls’ College, che gli offriva tutta la libertà di cui aveva bisogno per perseguire la sua ricerca, indisturbato dalle seccanti pressioni che possono essere di ostacolo al lavoro di uno studioso nell’ambiente accademico contemporaneo. I suoi risultati sono stati riconosciuti con il conferimento di molte onorificenze, in patria e all’estero, specialmente l’International Balzan Prize for Classical Antiquity (2000) e la Kenyon Medal for Classical Studies della British Academy (2002). L’apice fu raggiunto con il conferimento dell’Order of Merit, un’onorificenza riservata a personalità «di grande merito», che può essere concessa esclusivamente dal sovrano britannico. Solo 24 membri viventi del Commonwealth possono vantare un simile riconoscimento. Quando è morto, stava lavorando a una nuova È stata una miscela di acume critico edizione critica dell’Odise vasta immaginazione sea, come complemento di quella che aveva scritto a rendere originale il suo lavoro per l’Iliade, e progettava Fatto di studio dei classici ulteriori edizioni di altri e di reinterpretazioni ardite antichi testi poetici greci. In compagnia Martin poteva essere un uomo di nei compiti tradizionali dello stu- poche parole. Anzi, quando era più dioso di discipline classiche. giovane i suoi silenzi erano leggenScrivendo (nel 2000) dei suoi dari. Ma aveva un buon senso obiettivi e successi come studioso, dell’umorismo ed era arguto. Un West descrisse l’impatto che ebbe esempio del suo spirito e della sua su di lui e su altri giovani classicisti ingegnosità si trovano nelle due il grande studioso profugo Eduard versioni esametriche pubblicate nel Fraenkel, arrivato a Oxford dalla 1964 di Jabberwocky, la poesia nonGermania negli anni Trenta. sense di Lewis Carroll, fatte nello Nell’insistere che «il testo deve ve- stile di Omero e del poeta greco nire prima di tutto», Fraenkel sot- tardoantico Nonno di Panopoli. Anche sua moglie Stephanie è tolineava l’importanza primaria di approntare testi riveduti degli auto- una ben nota studiosa di materie ri antichi, mediante una scrupolosa classiche (si conobbero a un semianalisi di tutte le prove documenta- nario di Fraenkel). A lei e a tutta la rie, piuttosto che accettare senza di- loro famiglia vanno le espressioni di scutere le scelte dei curatori prece- profondo cordoglio di tutti gli amidenti. West diceva di avere seguito ci e colleghi per questa morte imle orme di Fraenkel apportando provvisa. È una perdita che sarà molti miglioramenti testuali di que- acutamente sentita anche in tutto il sto tipo. Sottolineava anche il valo- mondo degli studi classici internare di un buon commento, special- zionali. Due documenti ecologici ante litteram per il Portogallo del Seicento Brevi pontifici scomparsi di FRANCISCO JAVIER FROJÁN MADERO ella recente enciclica Laudato si’, firmata il 24 maggio 2015, solennità di Pentecoste e pubblicata il 18 giugno successivo, Papa Francesco, in 172 citazioni a piè di pagina, allude a numerosi documenti che fanno riferimento al pianeta Terra e alla conservazione dell’ecosistema. Tra di essi, oltre al Cantico delle creature di san Francesco di Assisi e ad altre encicliche dei suoi predecessori, ci sono diversi testi conciliari, il Catechismo della Chiesa cattolica, il Compendio della dottrina sociale della Chiesa, la Summa Teologica di san Tommaso d’Aquino e altri scritti rilevanti, come la Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo del 1992, la Commedia di Dante Alighieri, e perfino un testo del maestro spirituale musulmano Ali Al-Khawwas. L’enciclica rinvia inoltre a significative dichiarazioni pubblicate da varie conferenze episcopali, tra cui quella del Portogallo, e di raggruppamenti ecclesiali di diversi Paesi, quali la Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi, la Federazione delle conferenze dei vescovi dell’Asia, e i vescovi della regione PatagoniaComahue. N Nel 1628 i frati carmelitani scalzi fondarono un convento in una foresta al centro del Paese Gregorio XV e Urbano VIII intervennero per tutelarla Nel capitolo IV, riflettendo sul mondo attuale, in cui «tutto è intimamente relazionato» (n. 137), riprende un testo della lettera pastorale Responsabilidade solidária pelo bem comum, pubblicata dalla Conferenza episcopale portoghese il 15 settembre 2003, per rivolgere un appello a custodire e a trasmettere alle prossime generazioni la «casa comune» che abbiamo ereditato. Si propone la «solidarietà intergenerazionale» come un ineludibile dovere di giustizia, nel quale «l’ambiente si situa nella logica del ricevere». Il patrimonio naturale, infatti, è «un prestito che ogni generazione riceve e deve trasmettere alla generazione successiva» (n. 159). Si tratta, in definitiva, di un compito che implica una «conversione ecologica». Questa metanoia è una responsabilità individuale e sociale che comporta un cambiamento radicale del pensare e dell’agire, un umanesimo concreto e un’antropologia che concepiscono l’uomo come essere in relazione e interdipendente, aperto al mistero, al mondo che lo circonda e agli altri uomini. Di questa etica ambientale si è fatta portatrice, oltre alla tradizione teologico-mistica, anche la dottrina sociale della Chiesa. Il Catechismo della Chiesa cattolica afferma che il settimo comandamento esige il rispetto dell’integrità della creazione. Papa Benedetto XVI, in occasione dell’Agorà dei giovani italiani del 2007, esortava le nuove gnore, provvedere alla conserva- 1622 e 1643, appena citati, purgenerazioni ad adottare scelte co- zione e al mantenimento degli al- troppo non si trovano nell’Archiraggiose e a lavorare con urgenza beri del convento di Santa Cruz vio Segreto Vaticano. Sarebbe innella difesa del pianeta, davanti di Bussaco dei carmelitani scalzi teressante verificare se ve ne sia agli evidenti segni di squilibrio. del vescovado di Coimbra e con- traccia, invece, in qualche archivio Una emergenza che deve com- cedere speciali grazie e favori al portoghese. prendere non soltanto l’ambiente priore e agli altri religiosi assolIl Portogallo diviene, in questo naturale, ma anche quello umano. vendoli da qualsiasi sentenza di modo, uno dei Paesi pionieri della Al riguardo san Giovanni Paolo II scomunica eccetera. Proibiamo causa ecologica integrale. Un’ecoesortò a prestare attenzione sotto pena di scomunica ipso facto logia che, concepita in modo amall’ambiente naturale senza però incurrenda, che da qui in avanti pio ed esaustivo, deve possedere disprezzare l’impegno per salva- nessuna persona, di qualsiasi au- naturalmente una marcata dimenguardare quella che lui stesso de- torità, osi senza il permesso espli- sione di solidarietà intergenerazionominò «ecologia umana» (Cente- cito del priore, che a suo tempo nale. simus annus, 38). Il Buçaco con la sua ricca colleha fondato questo convento, enSebbene la sensibilità e il senti- trare nella clausura al fine di ta- zione di cedri, abeti, sequoie, acamento della responsabilità ecolo- gliare alberi, di qualsiasi tipo essi cie, tigli, palme, rododendri e con gica siano una nuova conquista siano, o fare altro danno. Nono- gli enormi esemplari di “cedro del sempre crescente, bisogna ricono- stante qualsiasi costituzione apo- Buçaco” (Cupressus Lusitanica) tescere che esisteva già prima degli stolica o del convento o del sud- stimonia che la salvaguardia e traanni Settanta del Novecento, in detto ordine in contrario. Voglia- smissione di questi spazi unici e cui apparve con forza il movimento ecologista in difesa della natura e ancora prima del secolo XIX, in cui fu creato il neologismo “ecologia” da Ernst Haeckel (1866). In effetti, lungo la storia, orizzonti e paraggi ricchi di bellezza, armonia, calma e silenzio — reminiscenze di un paradiso immaginato — sono stati riconosciuti, difesi e valorizzati dall’umanità. È il caso della Mata nazionale del Buçaco, foresta d’incomparabile bellezza che si localizza nell’area nord della Serra dello stesso nome, nella Beira Litoral, regione del centro del Portogallo. Si tratta di 105 ettari di monti ripidi, di affioramenti rocciosi e di vallate profonde e umide, strapieni di frondosa vegetazione. Questo spazio fu creato dai frati carmelitani scalzi. Nel 1628, al centro del bosco, fu messa la prima pietra per la costruzione di un piccolo e umile convento consacrato al culto della Santa Croce e fu eretto Un angolo della Mata nazionale del Buçaco (Portogallo) un alto muro che recintava tutta la proprietà. Lì si stabilì una comunità di carmelitani dediti alla vita ascetica mo che una copia di questa proi- speciali anche nella loro dimensioed eremitica in un ambiente domi- bizione si conservi affissa alle por- ne immateriale, è stata già una efnato dal silenzio. L’importanza di te del convento o in un altro luo- fettiva preoccupazione per gli amquesto cenobio e il riconoscimento go visibile a tutti. Dato a Roma, a ministratori ecclesiastici di quei esplicito dei valori materiali, spiri- San Pietro, sotto l’anello del pe- territori nel secolo XVII. tuali e culturali vincolati a questo scatore, il 28 marzo 1643, Anno XX Fortunatamente, alla fine del XX e agli inizi del XXI secolo, i valori spazio naturale si evidenziano gra- del Nostro Pontificato». zie a due brevi pontifici del secolo Con il documento, si proibisce immateriali sono stati di nuovo riXVII. Entrambi attestano inequivopertanto l’ingresso al recinto reli- scoperti, grazie agli interventi di organismi internazionali. Così, cabilmente la preocl’Organizzazione delle Nazioni cupazione “ecologiUnite per l’educazione, la scienza ca” e il valore imLa conversione ecologica e la cultura (Unesco), esalta i vamateriale di questo lori culturali e integra anche spazio. Questa perè una responsabilità l’aspetto immateriale e spirituale cezione, al più alto prima di tutto individuale della natura, e l’Unione internalivello delle istanze ecclesiastiche, mette che comporta un cambiamento radicale zionale per la Conservazione della natura (Iucn) riconosce l’alleanza in rilievo l’impordel pensare e dell’a g i re salutare dei valori culturali e spiritanza della Mata tuali di ogni patrimonio naturale del Buçaco e dimodell’umanità. stra, anche in maVivere in un permanente ed niera evidente, come erano consi- gioso con il fine di causare quaderati questi luoghi. lunque tipo di danno in quell’am- equilibrato contatto con l’ecosisteNel 1622, Gregorio XV fece un biente colmo di bellezza naturale. ma consente di meravigliarsi dapubblico riconoscimento del- Volle il Santo Padre che l’editto si vanti alla creazione, di scoprire atl’obiettivo fondamentale della Ca- pubblicasse sulle porte del con- traverso il mondo visibile lo spettacolo dell’invisibile ed entrare in sa do Ermo del Buçaco. Nel 1643, vento o in un altro posto leggibile un dialogo contemplativo col traun nuovo breve apostolico, di Ur- a tutti. E così fu. E grazie a ciò scendente, con l’altro e con noi bano VIII, costituisce probabil- conserviamo oggi le lastre comme- stessi. mente uno dei primi documenti morative di epoca remota con i La foresta nazionale della Serra dell’età moderna che, con forza di due brevi sul muro della Mata. del Buçaco, posto magico di enorlegge, protegge la natura, in un Ambedue sono la forte attestazio- me valore naturalistico e ricco di periodo di post-espansione ultra- ne dell’interesse secolare dell’esse- storia, arte, cultura e spiritualità, è marina in cui predomina una certa re umano e concretamente della attestazione di come un patrimodegradazione e inefficacia delle Chiesa, per la custodia dei valori nio naturale, con la sua doppia dipolitiche. materiali e immateriali vincolati mensione, materiale e immateriale, Dice il breve di Papa Barberini, alla natura. sia un prezioso tesoro che ogni a perpetua memoria: «Volendo Una recente e attenta ricerca ri- generazione deve trasmettere a noi, per quanto possiamo nel Si- leva che i due brevi pontifici del quelle future. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 giovedì 23 luglio 2015 Per i giudici di Montpellier il presepe nel municipio di Béziers non viola il principio di laicità Nessuno si senta offeso di GIOVANNI ZAVATTA Il primate anglicano alla John Moores University Giustizia e sviluppo sostenibile per combattere il terrorismo LIVERPO OL, 22. «Negli ultimi 18 mesi sono centinaia, se non addirittura migliaia, gli anglicani che hanno perso la vita. In tutto il mondo ci troviamo ad affrontare questa triste realtà. I nostri vescovi dialogano con coloro che attaccano, rischiando la propria vita nel dialogo». È quanto ha affermato l’arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana, Justin Welby, durante un convegno svoltosi a Liverpool presso la John Moores University. «Nel nostro Paese, la Chiesa agisce, non parla soltanto. La Church of England — ha ricordato Welby — ha investito ingenti risorse di persone e di tempo, con il gradito sostegno del Governo che ha varato il Near Neighbours Programme, per cercare di dialogare e aiutare le mi- noranze. Non siamo ingenui, sappiamo che per affrontare certe situazioni ci vuole tanta determinazione. La comprensione delle reciproche tradizioni e un chiaro approccio alla riconciliazione ci aiuterebbero a trasformare la violenza distruttiva in una sorta di “cortese disaccordo”». Secondo il primate anglicano, «l’islam non è nostro nemico, ma è una fede con la cui teologia, come cristiano, sono in disaccordo. L’esperienza di centottanta anni di guerra di religione europea dimostra che la differenza teologica o ideologica non va affrontata con la forza ma con il dialogo. Questa è la lezione più importante della pace di Westfalia del 1648». Welby non ha dubbi nell’affermare che «lo Stato islamico (Is), gruppo terroristico perverso, deve essere Iniziativa del vescovo di Hyderabad In Pakistan una festa comune HYDERABAD, 22. In occasione delle celebrazioni per la fine del Ramadan, il mese sacro di digiuno e preghiera islamico, il vescovo di Hyderabad in Pakistan ha aperto le porte della propria casa «ai nostri fratelli e sorelle musulmani» per un momento di festa comune. Monsignor Samson Shukardin, nominato di recente nella diocesi del Sindh, provincia a sud del Pakistan, ha voluto promuovere in occasione dell’Eid al Fitr (ovvero Eid, che in arabo significa “festa” e Fitr, “fine del digiuno”), una delle feste più importanti della religione islamica, un momento di in- Dalla Corte suprema Sospesa la pena di morte per Asia Bibi LAHORE, 22. La Corte Suprema del Pakistan ha accettato di riesaminare il caso di Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per blasfemia. Conseguentemente, la pena decisa nel precedente grado di giudizio è stata sospesa. La decisione del più alto tribunale del Paese è arrivata al termine di un’udienza svoltasi questa mattina a Lahore. A darne notizia è stato uno degli avvocati difensori della donna, il musulmano Saiful Malook. Presente in aula, Joseph Nadeem, capo della “Renaissance Education Foundation” — che cura le spese legali e assiste la famiglia di Asia Bibi — ha raccontato all’agenzia Fides che l’udienza si è svolta in un clima sereno: «Quello di oggi — ha detto Nadeem — è un passo avanti importante. Siamo molto soddisfatti. Ora è il momento di pregare insieme» perché «sia fatta giustizia e Asia venga rilasciata». contro e dialogo interreligioso in una nazione spesso teatro di violenze confessionali. L’incontro si è svolto la settimana scorsa, il giorno 27 del Ramadan, meglio conosciuto come la “Notte del destino”, in cui, secondo gli islamici, Allah ha rivelato i primi versi del Corano al profeta Maometto. Voluto con forza dal neovescovo, esso ha visto la partecipazione di funzionari, leader religiosi, amici e personalità di primo piano di entrambe le fedi. Al termine del digiuno giornaliero si è tenuta una preghiera comune, cui è seguito un momento conviviale. Accogliendo i presenti, monsignor Shukardin ha letto il messaggio pubblicato dal cardinale JeanLouis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso in occasione dell’inizio del Ramadan: “Cristiani e musulmani: insieme per contrastare la violenza perpetrata in nome della religione”. Il documento è stato letto in inglese, poi riassunto in urdu perché tutti potessero comprenderlo. Al termine della lettura, i partecipanti hanno applaudito mostrando di apprezzare le parole del cardinale, intavolando poi una discussione sui temi e i passaggi più importanti del testo. Fra gli obiettivi comuni, il desiderio di rafforzare i legami fra musulmani e cristiani e la condanna netta e senza distinzioni delle violenze commesse in nome della religione nel mondo, perché “i terroristi non hanno fede” alcuna. Per prevenire gli abusi, è stata l’opinione condivisa, servono unità, tolleranza e capacità di accettare l’altro. I leader musulmani e le personalità politiche presenti hanno accolto con particolare favore gli auguri di Papa Francesco al mondo islamico per la festa di Eid al Fitr, sottolineando al contempo come l’incontro di Hyderabad possa essere il punto di partenza per «rafforzare la cooperazione futura». Per il vescovo Shukardin si è trattato di «un raggio di speranza perché si possano costruire rapporti di armonia e amore fra esponenti di fedi diverse e promuovere la pace fra le comunità». affrontato e contenuto in una sorta di azione di polizia» internazionale: «I loro terribili attacchi contro migliaia di persone di fede sono un pericolo letale per i valori umani da cui dipende la convivenza civile». Per l’arcivescovo di Canterbury occorre «dare priorità allo sviluppo e lavorare sempre a favore dei poveri, sia a livello nazionale che internazionale» anche per scoraggiare i giovani ad avvicinarsi a gruppi estremisti. «L’imminente incontro di Parigi sul clima — ha ricordato — è un momento di svolta per la comunità mondiale. Papa Francesco nella sua recente enciclica sottolinea la centralità della fede in Gesù Cristo per la cura dell’ambiente e in molte altre affermazioni ricorda la centralità dell’amore per i poveri. Porre fine alla povertà estrema e mitigare il cambiamento climatico, che colpisce in modo sproporzionato i più poveri del pianeta, sono priorità del prossimo futuro. Come per la lotta alla povertà e il cambiamento climatico — ha concluso Welby — i Governi — e solo i Governi — possono svolgere un ruolo significativo nella lotta al riciclaggio di denaro e alla corruzione che finanziano le organizzazioni violente. Ciò è particolarmente evidente nei maggiori centri finanziari del mondo, quelli in cui il volume di attività rende più facile nascondere gli illeciti». Dalla Chiesa caldea aiuti umanitari ai musulmani in Iraq BAGHDAD, 22. Grande gesto di solidarietà e fratellanza della Chiesa caldea in Iraq nei confronti della comunità musulmana. Nei giorni scorsi, infatti, il patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako, accompagnato dal vicario patriarcale monsignor Basel Yaldo, dal suo segretario padre Thomas Benham e da alcuni esponenti della Caritas Iraq, ha personalmente portato aiuti alimentari e farmaceutici a 250 famiglie di profughi musulmani delle province di Anbar e Salahuddin in un campo lungo il fiume Eufrate, nei pressi della città di Ramadi in occasione della festa di Eid al Fitr che segna la fine del mese di Ramadan. Dopo aver espresso gli auguri per la festa, il patriarca — riferisce il sito baghdadhope — ha augurato alle famiglie del campo di poter far ritorno al più presto nelle proprie case. Si tratta della sesta volta che il patriarcato caldeo e la Caritas Iraq portano aiuti alle famiglie di profughi musulmani. In occasione dell’inizio del Ramadan, il patriarca Sako aveva inviato un messaggio alla comunità musulmana nel quale aveva sottolineato «l’urgenza di una riconciliazione nazionale che, attraverso la realizzazione delle riforme politiche necessarie, non escluda nessuna delle componenti della società irachena. Il vero eroismo — ha detto il patriarca caldeo — non è quello di chi combatte guerre e uccide di più. Il vero eroe è colui che opera per la pace, a favore della libertà e della dignità di tutti». Il presepe di Béziers è salvo. Il sindaco, Robert Ménard, ha già annunciato che per il prossimo Natale ne allestirà uno ancora più bello e più grande all’entrata del municipio «per rendere omaggio alla nascita di Cristo». Il 16 luglio il Tribunale amministrativo di Montpellier gli ha dato ragione. Quel presepe — nel dicembre scorso al centro di aspre polemiche e di un ricorso presentato dalla Ligue des droits de l’homme — potrà restare al suo posto, ovvero la hall del Comune di Béziers, nel dipartimento di Hérault (LanguedocRoussillon). Nessun attentato ai principi di laicità, libertà di coscienza e neutralità del servizio pubblico, nessuna violazione dell’articolo 28 della legge del 9 dicembre 1905 (sulla separazione fra le Chiese e lo Stato) che proibisce di «elevare o apporre qualsiasi segno o emblema religioso sui monumenti pubblici o su qualsiasi luogo pubblico, con l’eccezione degli edifici che servono al culto, dei terreni di sepoltura nei cimiteri, dei monumenti funerari, e dei musei od esposizioni». Per i giudici la riproduzione della scena della nascita di Gesù di Nazareth ha sì «soprattutto e necessariamente un significato religioso» ma il divieto previsto dal suddetto articolo non riguarda l’insieme degli oggetti aventi un significato religioso ma solo quelli che «simbolizzano la rivendicazione di opinioni religiose». Il tribunale di Montpellier ha in pratica fatto riferimento all’idea di una separazione «flessibile ed equilibrata» fra il culto e la sfera pubblica, conforme allo spirito che guidò il legislatore nel 1905 e in particolare il relatore del provvedimento, Aristide Briand, per il quale solo gli oggetti aventi un carattere chiaramente simbolico rientrano nell’ambito dell’interdizione. I giudici inoltre constatano che l’installazione del presepe all’entrata del municipio di Béziers è stata sempre presentata come un’esposizione nel quadro di animazioni culturali organizzate in occasione delle feste natalizie, «senza alcun elemento che riveli un’intenzione differente o la manifestazione di una preferen- Il sindaco di Béziers accanto al presepe esposto nel dicembre scorso all’entrata del municipio za per le persone di confessione cristiana». Insomma, quell’installazione non aveva caratteristiche di «ostentazione di simboli della religione cristiana» e non rientrava nell’ambito dei divieti imposti dall’articolo 28 della legge del 1905. Il tribunale, quindi, non rilevando fra l’altro nell’acquisto dei personaggi del presepe alcun finanziamento di un progetto o di un’attività di carattere cultuale, ha respinto il ricorso. Questa decisione si è posta sulla stessa linea adottata dal Tribunale amministrativo di Melun (nell’Îlede-France) che, il 22 dicembre scorso, ha considerato il presepe come una tradizione più che un emblema religioso. «Una sentenza storica contro tutti i laicisti che vogliono imporsi a ogni costo», ha commentato il sindaco Ménard che a dicembre si è rifiutato di smontare il presepe malgrado una lettera del prefetto lo invitasse a riconsiderare la sua iniziativa. Non era andata allo stesso modo nella Loira quando il tribunale di Nantes ha imposto al consiglio generale della Vendée (terra di antica tradizione cattolica) di togliere la scena della Natività allestita ogni anno nella hall della sede del dipartimento. I giudici di Montpellier, nella loro sentenza, citano anche il parere dell’Osservatorio della laicità (organismo in seno al Governo) che a dicembre ha precisato che, «se il presepe è considerato come un “emblema religioso” ed è installato in un locale dell’amministrazione statale, allora ciò contravviene la legge del 1905. Ma — si sottolinea — spetta al magistrato esaminare ogni situazione, caso per caso, poiché le tradizioni locali culturali (i santons in Provenza per esempio) possono essere argomenti da presentare davanti ai giudici». Anche nel pieno delle polemiche i vescovi hanno mantenuto sulla questione riserbo e prudenza. Solo una dichiarazione, ma efficace, del portavoce della Conferenza episcopale francese, monsignor Bernard Podvin: «La Chiesa cattolica rispetta la neutralità dello Stato ma bisogna essere “ciechi” per non vedere che il presepe tocca la popolazione da un punto di vista affettivo, molto più del suo significato religioso». Studio del Center for Applied Research in the Apostolate di Washington Mancano preti e parrocchie dove cresce il numero dei cattolici WASHINGTON, 22. La popolazione cattolica mondiale sta crescendo così rapidamente che il numero attuale dei sacerdoti e delle parrocchie non basta più. È la principale conclusione di uno studio condotto dal Center for applied research in the apostolate (Cara) della Georgetown University di Washington. Tale realtà — spiega Aci Prensa che attraverso un’intervista a Mark Gray, ricercatore associato al Cara, dedica un servizio all’indagine — comporta una sfida da affrontare: con un aumento globale del numero dei fedeli, specialmente in Africa e in Asia, ma con una crescita insufficiente del numero delle parrocchie e dei sacer- doti, i cattolici hanno minori opportunità di ricevere i sacramenti e di partecipare alla vita comunitaria. Lo studio, intitolato Global catholicism. Trends & forecasts, ha considerato statistiche fornite dal Vaticano o provenienti da altre inchieste, a partire dal 1980, per scoprire i luoghi dove la Chiesa cattolica è cresciuta o diminuita a livello parrocchiale e per prevedere i dati demografici dei prossimi anni. Sono state analizzate le cifre relative a cattolici, sacerdoti, religiosi, parrocchie, ricezione dei sacramenti, seminaristi e istituzioni cattoliche (come ospedali e scuole) in Africa, Asia, Europa, Oceania e America. Gray spiega che una delle problematiche emerse dalla ricerca è che la maggioranza delle parrocchie si concentra in Europa e in America dove la Chiesa sperimenta un declino o una stagnazione nella popolazione. In altri continenti invece, come Africa e Asia, i cattolici crescono ma non ci sono chiese sufficienti per servirli. Altro dato riguarda la partecipazione ai sacramenti della Chiesa che cala con il crescere dell’età. Accanto a un numero molto alto di battesimi, ce n’è uno inferiore di comunioni, e cifre via via minori per cresime e matrimoni. L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 23 luglio 2015 pagina 7 Concluso a Taiwan l’incontro dei giovani cattolici Protagonisti di una missione più grande TAIPEI, 22. Da Tainan a Tainan. Dopo nove anni la giornata della gioventù di Taiwan è tornata quest’anno nella diocesi dove nel 2007 si svolse la prima edizione. Dal 15 al 20 luglio l’evento, sotto lo slogan «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio», ha riunito più di trecento giovani cattolici con l’obiettivo della condivisione, per conoscere nuovi amici, porsi in relazione con fedeli di altre generazioni ed entrare in contatto con ragazzi di altre parrocchie e con le associazioni ecclesiali impegnate nel sociale. L’iniziativa — informa AsiaNews — è stata presa dai vescovi dell’isola sulla scia della più famosa giornata mondiale della gioventù. Sebbene la popolazione cattolica taiwanese non sia molto numerosa (quasi trecentomila fedeli), i giovani sono attivi ed entusiasti. «La cosa più importante è vedere l’entusiasmo dei giovani, è mettere insieme le energie per costruire qualcosa tutti insieme», dichiara il vescovo di Tainan, Bosco Lin Chi-nan. «Abbiamo cominciato nove anni fa questa esperienza estiva, proprio qui a Tainan, e ora siamo tornati al luogo dove tutto è cominciato, perché abbiamo visitato tutte le diocesi dell’isola, ogni anno una diversa». Nel 2007 a Tainan il tema fu «Amatevi come io vi ho amato», nel 2008 a Taipei «Ricevete la forza dello Spirito e siate miei testimoni», nel 2009 a Taichung «Giovani alzatevi, siate la speranza di Taiwan». Nel 2010 a Hsinchu al centro della riflessione c’era la domanda «Signo- re, cosa devo fare per ottenere la vita eterna?», quindi a Kaohsiung nel 2011 «Amore e solidarietà, ricapitolare tutto in Gesù», a Kiayi nel 2012 «Rallegratevi nel Signore sempre». Il tema scelto a Hwalien nel 2013 è stato «Andate e fate discepoli tutti i popoli», mentre l’anno scorso a Taipei «Vi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto». Nel 2016 la decima giornata della gioventù taiwanese si terrà a Taichung; durante i prossimi mesi verrà rivelato il nuovo tema. «Dopo le grandi giornate mondiali della gioventù — spiega monsignor Lin Chi-nan — ci siamo accorti che i nostri partecipanti tornavano a Taiwan entusiasti e rinvigoriti. Così abbiamo deciso di organizzarci anche tra noi per dare la possibilità ai nostri giovani di conoscersi a vicenda e di sentirsi incoraggiati dall’essere una grande comunità». I giovani, come Fargy, intervistata da una televisione locale, confermano: «Il messaggio del Vangelo è molto bello e attraente, ci sentiamo parte di una missione più grande e vogliamo contagiare anche i nostri coetanei», ha affermato. «Lavorare con i giovani e con i ragazzi significa seminare per il futuro», sottolinea il vescovo di Kiayi, Thomas Chung An-zu, secondo il quale «le giovani generazioni si faranno carico del futuro di Taiwan e non dovranno dimenticarsi di prendersi cura dei più deboli e degli anziani». Proprio per questa ragione la settimana scorsa, durante l’evento, sono state organizzate diverse vi- site di aiuto e di volontariato agli ospedali cittadini e alle case di riposo, per offrire anche solo un po’ di compagnia a chi è più solo, soprattutto agli anziani che non hanno familiari che vanno a visitarli durante la settimana. Nei mesi scorsi i giovani della parrocchia del Sacro Cuore a Taipei sono stati protagonisti di un’originale missione: mettere in scena le parabole di Gesù presenti nel Vangelo, raccontare la vita di Cristo attraverso una rappresentazione teatrale e coinvolgere il numero maggiore di fedeli nella performance. Come riferito da AsiaNews, è iniziato tutto l’anno scorso in occasione degli incontri settimanali fra un gruppo di studenti e il parroco. I giovani hanno manifestato il desiderio di “drammatizzare” il Vangelo del giorno, «per renderlo più comprensibile e più nostro», in pratica di sottolineare l’importanza delle parabole di Gesù, delle storie e dei racconti della Bibbia, collegandole con i problemi affrontati dal gruppo e con le scelte personali di ognuno. Sono stati quindi studiati i dettagli della pagina del Vangelo prevista dalla liturgia della domenica e i ragazzi hanno cominciato a metterla in scena. Grazie all’entusiasmo che ha provocato, da poche decine si è arrivati presto al centinaio di presenze. L’arcidiocesi di Taipei e le altre diocesi di Taiwan hanno invitato il gruppo del Sacro Cuore a offrire durante l’estate giornate di formazione e approfondimento. Il cardinale Bo per la Giornata dei genitori in Myanmar Un Paese a modello familiare YANGON, 22. «Ci aspettiamo che i nostri governanti siano buoni genitori per tutta la nazione. Nella nostra cultura, i genitori sono venerati come divinità. Secondo le nostre tradizioni, i nostri governanti hanno il diritto e il dovere di promuovere il benessere di tutti»: è l’appello rivolto dal cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, ai leader della nazione birmana. In un messaggio diffuso in occasione della “giornata dei genitori”, il cardinale — riferisce l’agenzia Fides — ha affermato che «per cinquant’anni, nei giorni bui della dittatura, il popolo non ha avuto famiglia. Quando è venuta la democrazia, abbiamo sperato che avrebbe portato lo spirito di famiglia in tutti noi. Grandi aspettative sono riposte sui nostri leader: la nazione guarda a loro per rendere questo Paese una vera famiglia». In numerose occasioni il porporato ha ribadito quanto sia importante per il Myanmar l’unità e la pace proprie dell’istituto famigliare. L’arcivescovo di Yangon ha evidenziato, però, le forti difficoltà in questo tortuoso cammino. «Il nostro sistema economico sta disgregando le famiglie. Milioni di nostri giovani — ha spiegato il porporato — sono lontani dai loro genitori. Ciò ci ha reso poveri; l’integrità della famiglia viene erosa dalla povertà del Paese. Lo spirito famigliare è debole. La maggior parte dei figli e delle figlie del Myanmar sono poveri». Il recente censimento — ha ricordato il cardinale — fornisce un quadro doloroso: il 40 per cento della popolazione birmana, infatti, vive al di sotto della soglia di povertà e negli Stati di Chin e Rakhine la povertà tocca addirittura il 70 per cento. Ciò genera e alimenta il fenomeno della migrazione, e in molti villaggi vivono soltanto persone molto anziane e bambini molto piccoli. Molto spesso i genitori sono costret- ti ad emigrare lasciando i propri figli in affidamento ai nonni. «Le famiglie — ha proseguito il porporato — sono ulteriormente divise per la tratta degli esseri umani nelle città di confine. Le famiglie si disgregano per mancanza di istruzione, per minacce di droga, o per i conflitti armati». Per questo il cardinale Bo si è rammaricato nel sottolineare che «i nostri governanti non sono stati all’altezza delle nostre aspettative come genitori. Sono diventati protettori di un capitalismo clientelare, come ha avvertito il Papa in Sud America, in un’economia che ha il profitto come unico movente». L’arcivescovo di Yangon ha ricordato nel suo messaggio: «Il mondo si pone una domanda: i nostri governanti sono capi per tutti o solo per pochi? Per secoli abbiamo vissuto insieme come fratelli e sorelle. Le diverse fedi vivevano in armonia. Per cinque decenni il Myanmar è stato modello di una società compassionevole, anche se il popolo era oppresso da uomini malvagi. Ma a partire dal 2010 — ha spiegato — i nostri leader, che sono come i nostri genitori, non sono riusciti a controllare le manifestazioni di odio diffuse da frange religiose estremiste», che destabilizzano l’equilibrio del Myanmar. «La guerra va avanti in varie parti del Paese. Nostri fratelli e sorelle, di tutte le religioni e razze, sono colpiti da questo odio. Più di duecentomila nostri fratelli sono ora sfollati interni. Sapranno i governanti di questo Paese evitare ogni tentazione di discriminare le persone per razza o religione? Sapranno accettare l’uguaglianza e costruire una nazione unita come una sola famiglia? A prescindere dalla loro volontà — ha concluso il cardinale Bo — i nostri leader hanno bisogno delle nostre preghiere. Preghiamo, quindi, per i nostri genitori: i governanti». Denuncia del Global Council of Indian Christians Ancora conversioni forzate in India Messaggio della Conferenza episcopale delle Filippine sulla tutela dell’ambiente Custodi e non padroni MANILA, 22. «Agire sui cambiamenti climatici è una questione di giustizia sociale»: per questa ragione i vescovi delle Filippine ritengono necessario e urgente un intervento da parte di tutti i leader di Governo, in occasione dell’imminente conferenza sul clima di Parigi (Cop21), affinché si ponga maggiore attenzione alla salvaguardia del creato. In un messaggio della Conferenza episcopale, a firma dell’arcivescovo di Lingayen-Dagupan e presidente della Conferenza episcopale, monsignor Socrates B. Villegas, che cita l’enciclica di Papa Francesco Laudato si’, i presuli esortano i cristiani ad essere «appassionati nella custodia dell’ambiente e a essere custodi e non padroni». Ciò è possibile con un impegno quotidiano e con la sensibilizzazione di tutti. Da qui l’appello dei vescovi a tutti i credenti e agli uomini di buona volontà a focalizzare l’attenzione sulla prossima Conferenza mondiale di Parigi. «La Laudato si’ ci insegna che il nocciolo della questione del cambiamento climatico è la giustizia» fanno notare i vescovi, ricordando che «la nozione di bene comune si estende anche alle generazioni future». Riprendendo i concetti di “sviluppo sostenibile” e di “solidarietà inter- generazionale”, il messaggio dei vescovi sottolinea che «cominciando a pensare al tipo di mondo che stiamo lasciando alle generazioni future, guardiamo le cose in modo diverso; ci rendiamo conto che il mondo è un dono che abbiamo ricevuto gratuitamente e che dobbiamo condividere con gli altri. Non possiamo più vedere la realtà in modo puramente utilitaristico — hanno proseguito — in cui l’efficienza e la produttività sono interamente orientate al beneficio individuale. La solidarietà intergenerazionale non è un optional, ma piuttosto una questione fondamentale della giustizia». I presuli filippini si impegneranno anche a promuovere una formazione pastorale sui temi del cambiamento, per garantire una conoscenza adeguata del problema e i giusti orientamenti per un «discernimento collettivo». La riflessione della comunità ecclesiale sul bene comune — conclude il testo — «dovrebbe influenzare i responsabili politici e tradursi in azione». Intanto, il prossimo 29 luglio si procederà alla benedizione e alla successiva consegna di 132 nuove abitazioni ad Ajuy, nella provincia di Iloilo, che verranno destinate ai sopravvissuti del tifone Yolanda. Ad annunciarlo è il Jaro Archdiocesan Action Center (Jasac), secondo cui la cerimonia di consegna inizierà alle 8 del mattino con una solenne concelebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo di Jaro, monsignor Angel N. Lagdameo. Il nuovo complesso abitativo, chiamato “Caritas Village” consiste in 66 case bifamiliari, costruite su un terreno di 1,6 ettari nel rione di Malayu-an. Assieme alle abitazioni, l’area offre anche un sistema di strade, fognature e impianto idrico, un luogo dedicato ai bambini, un edificio multifunzionale, un campo da basket, e tutta una serie di servizi e di programmi per lo sviluppo dell’area. Il progetto si è reso possibile grazie all’impegno di Caritas Austria attraverso Caritas Internationalis, Nassa/Caritas Filippine, la Chiesa locale e, in particolare, l’arcidiocesi di Jaro attraverso il comitato per la pastorale sociale. Il centro ospiterà 132 famiglie, le cui case sono state completamente distrutte dal tifone e che non sono state ricostruite perché i proprietari dei terreni non hanno concesso il nulla osta o perché erano entro la zona dove è stata vietata la riedificazione, secondo il provvedimento emanato dopo il tifone. Con il passaggio di Yolanda — ha spiegato il direttore del Jasac, Meliton Oso — «questa gente non ha perso solo le proprie case, ma anche ogni mezzo di sostentamento. Per questo è importante aiutare le famiglie a riguadagnare i mezzi per vivere e rendere le loro comunità di nuovo funzionali. Non possiamo permetterci — ha concluso Oso — di ridurre questa gente allo stato di mendicanti». La Chiesa nelle Filippine ha già stanziato circa 9,7 milioni di euro in progetti di recupero, assistenza, riabilitazione, a favore di oltre due milioni di persone colpite dal tifone. Questo, abbattutosi sulle isole Visayas l’8 novembre 2013, ha colpito con modalità diverse e diversi livelli di gravità almeno undici milioni di persone, sparse in 574 fra municipalità e città; per un ritorno alla normalità sarà necessaria una spesa di almeno otto miliardi di dollari. Ancora oggi i dispersi risultano oltre 1.700. L’estensione del territorio, la sua frammentazione e la difficoltà nell’accedere ad alcune aree hanno rappresentato un serio ostacolo agli interventi. Nelle settimane successive alla tragedia anche il Pime (Pontificio istituto missioni estere) ha lanciato una raccolta fondi per aiutare i sopravvissuti. THIRUVANANTHAPURAM, 22. «Queste sono conversioni forzate, che si realizzano grazie ai vantaggi che vengono concessi ai dalit indù, sikh e buddisti». Con queste parole Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic) ha commentato la conversione di trentanove dalit (senza casta) appartenenti a undici famiglie cristiane, organizzata dal partito fondamentalista indù The Viswha Hindu Parishad (Vhp), nel Kerala. La cerimonia di riconversione all’induismo — riferisce l’agenzia AsiaNews — si è svolta nei giorni scorsi nel tempio di Nallaveetil Bhadrakali, nei pressi di Cheriyanadu. Preghiere tradizionali sono state pronunciate come rito purificatore. «Noi andiamo avanti con la nostra iniziativa — ha detto Prathap G. Padickal, capo del Vhp e organizzatore dell’evento — e molte altre famiglie di altre religioni verranno presto convertite all’induismo. Veniamo contattati da molte persone che voglio tornare alla loro fede d’origine». I dalit cristiani — gran parte dei quali proviene da comunità pentecostali e da altre confessioni non cattoliche — sono esclusi dai vantaggi di cui godono le comunità dalit induiste, e sono quindi un obiettivo facile per il partito del Vhp. «Gli uomini del Viswha Hindu Parishad — ha spiegato Sajan George — hanno preso di mira i dalit perché appartengono alla classe più bassa della piramide sociale. Garantire vantaggi ai dalit indù, sikh e buddhisti (e non ai cristiani) — ha ricordato il presidente del Gcic — è discriminatorio e va contro la Costituzione dell’India, che garantisce agli articoli 14, 15 e 16 un trattamento equo per tutte le religioni. Un altro aspetto importante è che queste riconversioni sono causa di disarmonia nelle comunità e alimentano discordia tra la gente».