Fra dipendenza e autonomia. Scienze sociali, cultura ed educazione nella strategia
politica dello Stato socialista mozambicano.
Luca Bussotti
Dipartimento di Scienze Sociali,
Università di Pisa
1.Introduzione:
Scienze sociali e sviluppo. Le basi teoriche dell’esperienza mozambicana.
Le scienze sociali hanno sempre avuto un ruolo piuttosto significativo nella costruzione dei moderni Stati-Nazioni. Non a caso, la nascita di queste si colloca in un periodo storico – la seconda metà del XIX secolo – nella quale molte nazioni europee
stavano compiendo la definitiva trasformazione in Stati moderni ed indipendenti.
In questo senso, la formulazione della sociologia come scienza autonoma fornisce
un’idea chiara della sua funzione in relazione allo sviluppo della società capitalista in
evoluzione, svolgendo – insieme con la storia – un ruolo, in linea generale, di appoggio alla costruzione della “modernità” e dei suoi valori fondanti. Insomma, vi è uno
stretto legame tra affermazione del modello di sviluppo oggi prevalente ed affermazione delle Scienze storico-sociali. Col trascorrere del tempo e con lo svilupparsi delle
diverse esperienze questo ruolo è andato mutando, come dimostra il fatto che – anche all’interno della parte centrale del sistema – tale relazione si è articolata in modo
estremamente articolato.
Analogo discorso può essere compiuto per i paesi ex-socialisti, nei quali il compito
delle Scienze storico-sociali era il sostegno ai regimi nascenti, offrendo loro una base
ideologica e scientifica con cui confrontarsi a livello internazionale.
In questo articolo si intende ricostruire brevemente ciò che è accaduto – a tale
proposito – in un paese come il Mozambico, esempio particolarmente interessante
per quel che riguarda sia la scelta, da parte della sua classe dirigente, di aderire
all’ideologia marxista-leninista, sia la situazione di questo genere di discipline in uno
Stato che, in circa venticinque anni, ha conosciuto almeno tre processi di trasformazione del proprio modello di sviluppo, ai quali la società ha dovuto adattarsi: dal colonialismo portoghese all’epoca socialista a quella liberale.
Il presente contributo ha tuttavia due limiti che non possono essere sottaciuti: in
primo luogo, presenta soltanto una delle due facce della medaglia: infatti, il lavoro
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avrebbe dovuto includere – per essere completo – sia il tema della posizione delle
Scienze storico-sociali in seno alla visione sviluppata da parte del potere politico – nel
caso di specie la Frelimo (Fronte di Liberazione Nazionale) – che le “risposte” ottenute, ovverosia ciò che – in concreto – storici e scienziati sociali sono stati in grado di
produrre e quali sono stati gli orientamenti e gli obiettivi delle loro ricerche.
Purtroppo, questo articolo si sofferma essenzialmente sul primo aspetto, lasciando il secondo in posizione marginale, solamente accennandovi. Allora, lo sforzo fatto
si concentra sulla volontà di chiarire che cosa i governanti mozambicani, nel corso dei
primi anni di indipendenza del paese, chiesero alle Scienze storico-sociali in formazione. Si tratta, insomma, di spiegare quale fu, nell’ottica della Frelimo, il contributo
di queste discipline alla edificazione della nuova coscienza nazionale.
Il secondo limite si riferisce alla dimensione temporale dell’analisi, che focalizza la
propria attenzione quasi esclusivamente nell’epoca socialista, giudicata come momento decisivo per lo sviluppo delle relazioni e dei contrasti fra potere politico e
Scienze storico-sociali. Non per niente, le decisioni prese a questo proposito
nell’allora Repubblica Popolare del Mozambico (RPM) hanno avuto conseguenze significative fino all’affermazione dell’epoca liberale, sia positivamente che negativamente. L’eredità culturale di una visione – quella di Samora Machel, primo Presidente della RPM – in cui il rapporto fra modello di sviluppo imposto dal potere politico e
concezione secondo cui le Scienze storico-sociali dovrebbero svolgere una funzione di
appoggio a questo ed alla società in via di costituzione è, oggi, ancora fortemente presente. E tutto questo non in termini di contenuto, ma di approccio: da un lato,
l’insieme delle discipline prima citate continua a soffrire di una certa “dogmaticità”,
grazie ad un passaggio immediato di queste dal sostegno al regime socialista a quello
al regime liberale, affermatosi dopo il 1986 (accordo con Banca Mondiale e Fondo
Monetario Internazionale ed inizio della Politica di Riabilitazione Economica, ossia di
Aggiustamento strutturale); dall’altro non si è ancora sviluppato in pieno un corretto
rapporto fra teoria e pratica, cioè le giovani discipline storico-sociali mozambicane
non sono riuscite a liberarsi completamente dalla tradizione secondo cui studiare teleologicamente ed astrattamente le trasformazioni della società, con schemi scarsamente flessibili, politicamente orientati ed il cui valore scientifico è per lo meno dubbio. L’altro rischio che minaccia le attuali Scienze sociali mozambicane è una reazione
a contrario in relazione al quadro prima ricordato: ossia, la caduta nel puro empiri-
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smo, perdendo quella visione generale che non può mancare in ogni tipo di studio che
si occupi di trasformazioni sociali.
La percezione è che ancora non è stato trovato un corretto equilibrio fra i due poli
della questione, e che le giovani Scienze storico-sociali mozambicane devono ritagliarsi uno spazio proprio e definito, che superi la loro relazione di semplice dipendenza dalla sfera politica, in tal modo contribuendo allo sviluppo del paese, mediante
una distinzione – intesa come autonomia e come acquisizione di una metodologia
specifica – sempre più necessaria fra i vari ambiti dell’attività umana.
Due sono i punti di riferimento fondamentali per comprendere quale modello di
sviluppo e quale approccio in rapporto alla funzione delle Scienze storico-sociali nella
società socialista in formazione furono adottate dal giovane Stato mozambicano.
Innanzitutto, le idee di Marx. Egli propone una visione secondo la quale le Scienze
storico-sociali ed il sistema educativo fanno parte di un apparato ideologico che, da
“borghese”, deve trasformarsi in strumento per la costituzione del nuovo ordine socialista. Interpretando in senso ampio ciò che i filosofi dovrebbero fare, Marx afferma: “I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo; si tratta di trasformarlo”1. Parallelamente, questo va ad essere il compito della nuova scienza sociale socialista: contribuire a “rivoluzionare il mondo esistente, di metter mano allo stato
di cose incontrato e di trasformarlo”2, attraverso l’affermazione della classe operaia,
la quale necessita di “fare saltar per aria la sovrastruttura delle classi che formano la
società ufficiale”3. Ciò può essere compiuto soltanto spezzando il legame fra sapere
borghese e società capitalista.
Le Scienze storico-sociali hanno un ruolo estremamente importante: contribuire
alla decostruzione dei valori, della cultura e delle relazioni tipiche della società borghese, basate sullo sfruttamento della minoranza sulla maggioranza, aiutando ad edificarne un’altra, fondata sulla solidarietà e sul bene comune. Così, “le idee della classe
dominante – egli sostiene4 - sono, in tutte le epoche, le idee dominanti, ossia, la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza
spirituale dominante”. Ciò significa che le costruzioni “ideologiche” di questa classe
riflettono le relazioni materiali di potere. Per questo, le Scienze storico-sociali appar1 K.Marx, Tesi su Feuerbach, in Marx/Engels, Opere complete, V 1845-1846, Editori Riuniti, Roma,
1972, p.5
2 K.Marx/F.Engels, L’ideologia tedesca, in ib., p.24.
3 K.Marx, Manifesto del Partito Comunista, in Opere complete VI 1845-1848, Editori Riuniti, Roma,
1973.
4 K.Marx/F.Engels, L’ideologia, cit., p.44.
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tengono a tali costruzioni. Infatti, più avanti Marx scrive: “Gli individui che costituiscono la classe dominante (…) determinano il contenuto di un’epoca storica” e “lo
fanno in tutta la sua estensione, e pertanto, fra le altre cose, dominano anche come
pensatori, come produttori di idee, regolano la produzione e la distribuzione di idee
del loro tempo”5.
È adesso più chiaro il motivo per il quale l’apparato ideologico – che comprende
anche le Scienze storico-sociali – gioca un ruolo decisivo nella costruzione della nuova società socialista.
Se, sul piano teorico, Marx rappresenta il riferimento fondamentale per la comprensione dell’ispirazione che stava alla base delle scelte dello Stato mozambicano, il
secondo elemento che influenzò la costruzione ideologica di questo fu la “teoria della
modernizzazione”, le cui radici affondano nella volontà, da parte dei paesi del Terzo
Mondo, di emulare lo sviluppo di quelli occidentali, percorrendo le stesse tappe, giudicate necessarie e sufficienti.
Nel mondo occidentali si ebbero varie applicazioni di questa teoria, a dimostrazione che essa fu coniugata differentemente a seconda delle situazioni pratiche e dei casi
specifici. Se, ad esempio, nell’Italia dell’immediato dopoguerra i primi studi empirici
di sociologia – introdotti dagli americani6 - sostennero il disegno del governo di escludere il Sud del paese (l’area maggiormente arretrata) dallo sviluppo industriale e
dalla modernizzazione in corso, tentando di dimostrare scientificamente l’incapacità
delle popolazioni meridionali di adattarsi al nuovo modello di sviluppo ed alla nuova
mentalità imprenditoriale, capitalista e consumista, nella Germania della stessa epoca accade esattamente il contrario: ossia che le Scienze sociali furono considerate indispensabili per realizzare quella decisiva integrazione fra produzione di ricchezza e
Sozialstaat, il cui obiettivo era la limitazione degli effetti sociali più pesanti
dell’economia di mercato. In tale contesto, le Scienze sociali - ed in particolare la
nuova sociologia dello sviluppo - attraverso la complementarietà fra studi teorici e verifiche empiriche, svolsero una funzione critica in relazione al processo di profonda
5 Ib.,
6 Fra i molti studi, cfr. F.G.Friedman, Matera uno studio, Istituto Nazionale di Urbanistica, UnrraCasas, Roma, 1952; F.G.Friedman, Osservazioni sul mondo contadino dell’Italia meridionale, “Quaderni di sociologia”, inverno 1952, pp.148-161; F.G.Friedman, Il modo di vivere dei contadini e la loro
concezione della vita, “Comunità”, vol.X, n.39, apr. 1956; E.C.Banfield, Le basi morali di una società
arretrata, Il Mulino, Bologna, 1961; D.S.Pitkin, Land Tenure and Family Organization in an Italian
Village (Sermoneta), 1954.
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modernizzazione che stava compiendosi e, soprattutto, a tutto ciò che sembrava “stabilito” ed “effettivo”7.
Sinteticamente, gli Stati africani che decisero di intraprendere il cammino della
modernizzazione dopo l’ottenimento dell’indipendenza - praticamente tutti - dovettero scegliere tra questi due modelli: il primo, nel quale il processo in precedenza ricordato si sviluppa “senza rete”, e nel quale la funzione delle Scienze sociali è la semplice
ratifica e financo l’esaltazione degli elementi basici della filosofia inculcata nella società da parte del potere politico: corsa verso la produttività, aumento dei costi, adozione del modello di vita e dei valori occidentali8. Il secondo, che mira ad individuare
uno spazio di azione proprio da parte delle Scienze sociali, in quanto obiettivo della
modernizzazione è sviluppare il paese, ma garantendo l’esistenza di quel “Sozialstaat” che caratterizzò la Ricostruzione tedesca, e che impone che le discipline sociologiche giochino una funzione critica e autonoma in rapporto al potere politico.
Quando il Mozambico aderì - dopo dubbi e contrasti interni - al blocco sovietico e,
allora, all’ideologia marxista-leninista, la costruzione teorica fu coerente con tale scelta, ma ben mescolata con l’altra della modernizzazione della società.
Nella relazione tra modello di sviluppo e Scienze storico-sociali il punto di partenza fu l’insegnamento di Marx, secondo il quale occorre conoscere la società per trasformarla. Questo - grosso modo - fu il compito che gli scienziati - segnatamente sociali - mozambicani assunsero. Una simile idea è chiarita efficacemente da F.Ganho,
secondo il quale “Nós, moçambicanos, acreditamos que a nossa tarefa enquanto cientistas e investigadores consiste em comprender as formas que nos permitam alterar
as condiçoes sociais”9. Questa formulazione sembra la sintesi più efficace per descrivere il ruolo dello scienziato marxista in una società in formazione come quella mozambicana, la cui filosofia è tipica della concezione occidentale dello sviluppo.
7Su questo aspetto, cfr. E.Taliani, Sviluppo come ricerca, ETS, Pisa, 1992, in particolare il primo capitolo, Sociologia dello sviluppo e ricerca empirica nella Germania degli anni Sessanta, pp.9-64.
8In questo senso si concorda con quanto scrive S.C.Dube, in Modernization and Development, The
United Nations University, Tokyo, Zen Books Ltd, London and New Jersey, 1988, p.16, allorquando
afferma: “The Third World believed that modernization was necessary, desirable and possible; the idea
won eager and enthusiastic acceptance. Those offering development aid promoted this hope in subtle
ways”.
9F.Ganho, Problemas e prioridade na formação em Ciências sociais, “Estudos Moçambicanos”,
4/1983, p.7.
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2.Sistema di valori e Nuova società nella costruzione dello Stato socialista mozambicano: il contributo delle Scienze sociali.
Non sembra possibile affrontare il tema della relazione Scienze sociali - costruzione della nuova società mozambicana, senza prima aver chiarito le ragioni e le modalità mediante le quali si è andato costituendo l’apparato ideologico ed etico che confluì
nell’opzione, da parte della Frelimo, di abbracciare il modello socialista di organizzazione statale.
Come è stato evidenziato da vari autori, questa decisione e l’aderenza, a livello internazionale, al blocco ex-socialista non fu presa automaticamente ed immediatamente10. Le tre organizzazioni che lottavano per l’indipendenza del Mozambico (Manu, Uname, Udenamo) e che finirono, verso lìinizio degli anni Sessanta (1962) per
confluire nella “casa comune” che assunse il nome di “Frelimo” - Fronte di Liberazione Nazionale - non avevano basi ideologiche di tipo marxista-leninista, nonostante
dall’inizio fosse stata presa la decisione di adottare il metodo del “centralismo democratico”. Tutto questo può essere spiegato segnalando quello che sempre costituì il
principale obiettivo della lotta, a cui tutti gli altri erano subordinati: ottenere
l’indipendenza nazionale.
In tale maniera, il programma originario dell’appena nata Frelimo rifletteva questa
situazione. Coerentemente, l’ideologia che lo accompagnava poteva classificarsi come
“nazionalista” e “progressista”, più o meno la stessa che continua a dominare la strategia politica fino alla morte de E.Mondlane, fondatore e primo Presidente del partito
(1969), mentre la svolta ufficiale verso l’adesione al marxismo-leninismo fu compiuta
- con la trasformazione del movimento in vero partito politico - in occasione del Terzo
Congresso (1977). Nel corso del Secondo Congresso (1968), l’obiettivo è la formazione
di un “sistema de autogestão popular” che “lança as bases de um Moçambique evoluído, próspero e democrático”11, parola, quest’ultima, che sembra escludere un approccio rivoluzionario, per lo meno nei suoi termini classici. Non a caso, nelle risoluzioni del Secondo Congresso, il capitolo relativo alla politica estera lascia intendere la
volontà, da parte della Frelimo, di avere il ventaglio più ampio possibile di alleati internazionali, senza escludere nessuno, privilegiando i paesi africani e quelli
dell’America Latina in lotta per l’indipendenza, ma cercando il sostegno de “todos os
10[10]Cfr., fra gli altri, E.Nascimento, A concepção da educação em Moçambique, CEDIMO, Doc.
Inf. N.3, Série F, 1981-06-29, Maputo, 1981.
11[11]Frelimo, 1° e 2° Congresso, Associação Academica de Moçambique (Lourenço Marques ?),
1974.
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países socialistas” e di quelli “progressistas do Ocidente”. Il senso generale sarebbe
riunire le forze di progresso affinché queste offrano il “máximo contributo ao movimento mundial contra o colonialismo e o imperialismo para a emancipação econômica, política, social e cultural dos povos e para a construção duma nova sociedade livre
da exploração do homem pelo homem”. Pare adesso opportuno - nonostante questo
lavoro non abbia il compito di penetrare nel dibattito interno alla Frelimo - chiarire
molto sinteticamente i motivi di questa opzione, che diventa decisiva per la costruzione della società nel Mozambico indipendente.
Molto complessi sono i motivi della “svolta verso il socialismo”. La presenza di posizioni radicali si affermò una volta che il filo che Mondlane aveva costruito con gli
Stati Uniti si ruppe, quando i dirigenti della Frelimo compresero che quello Stato aveva scelto una strada diversa dall’appoggio all’indipendenza al Mozambico: ossia, il
sostegno al Portogallo, che - nonostante il regime anti-democratico di Salazar - faceva
parte della NATO e degli alleati degli americani.
Durante la prima fase, tuttavia, sembra certo che Mondlane - anche a causa della
sua formazione culturale - avrebbe desiderato che il Mozambico avesse ottenuto
l’indipendenza senza giungere al conflitto (indiretto) con gli Stati Uniti e (diretto) col
Portogallo. Insomma, che egli fosse favorevole a una via diplomatica e politica. Documenti recentemente pubblicati dal Dipartimento di Stato americano12 rivelano che
anche una parte consistente della diplomazia di quel paese riteneva Mondlane come
“amico” e “pro-occidentale”, orientato verso “mudanças pacíficas”, e costretto a far la
guerra al Portogallo a causa del costante rifiuto dello Stato colonizzatore “em aceitar
os novos tempos”. La conclusione dell’allora ambasciatore in Tanzania, William Leonhart, fu di appoggiare il processo di liberazione del Mozambico, poiché “Mondlane
é uma força de moderação”. La storia si compì diversamente e, mentre gli USA presero la decisione di sostenere il Portogallo (così come gli altri Stati dell’Africa Australe
vicini
al
Mozambico),
la
Frelimo
abbracciò
l’ipotesi
dell’ottenimento
dell’indipendenza, di una ideologia ed un appoggio internazionale di tipo apertamente socialista e profondamente anti-occidentale, sotto la guida de Samora Machel.
Ciò che occorre sottolineare - a parte gli eventi politici specifici - è che l’origine
“socialista” della Frelimo fu causata dall’incapacità o impossibilità di trovare un accordo da parte delle parti in causa, che garantisse l’indipendenza del Mozambico,
12Foreign Relations of United States, vol.XXIV, 1964-1968; per un primo commento, cfr. “Notícias”,
27/11/1999, p.2.
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senza che il Portogallo perdesse tutti i vantaggi di carattere economico derivanti dalla
relazione con l’antica colonia. Pertanto, la scelta socialista della Frelimo deve essere
interpretata come unico mezzo attraverso il quale giungere all’obiettivo primario, la
liberazione del paese.
A questo proposito deve essere condivisa l’affermazione, fatta durante il V Congresso (1990) da J.Ó.Monteiro - ex combattente, ex deputato ed ex ministro della Frelimo - che intende spiegare il senso dell’opzione socialista del 1977: “A escolha da opção pelo marxismo-leninismo em Moçambique não foi uma escolha tanto pelos conteúdos precisos da ideologia marxista-leninista, mas foi uma escolha que quis dizer
que nós deliberadamente estamos com um socialismo, com um marxismo verdadeiro”, differente da quello degli altri paesi africani “aldabrados” - come, ad esempio, la
Tanzania. Insomma, si trattò di “uma busca de autenticidade revolucionária”, che la
Frelimo volle imporre come marco identitario tipico del nuovo Mozambico13.
Questo discorso deve essere inteso all’interno della prospettiva storica appena descritta. La prima domanda a cui rispondere, pertanto, è quale fosse il modello di società pensato dai dirigenti della Frelimo, e quale il ruolo delle Scienze sociali in questo genere di costruzione.
Per rispondere a questa duplice questione, prima di chiarire gli assi intorno ai quali gira l’ideologia della Frelimo de Mondlane e, soprattutto, di Machel, occorre spiegare quale fu la situazione in materia di educazione, in ambito culturale e morale trovata durante la lotta di liberazione, dato che il progetto di costruzione di una società ed
il ruolo delle Scienze sociali all’interno di questa non potevano cominciare se non
partendo dalla condizione dell’epoca.
2.1. Il ruolo delle Scienze sociali nel Mozambico dell’epoca coloniale.
Le relazioni fra potere coloniale e Scienze sociali sono sempre state caratterizzate
da una evidente dipendenza di queste da quello. Coerentemente con la storia di tali
discipline, anche in questo caso ci fu una sorta di prestito: soprattutto antropologia e
qualcosa di vicino alla psicologia - specie sociale - svolsero un ruolo di chiaro, aperto
e significativo appoggio alla politica coloniale portoghese, particolarmente feroce verso gli indigeni. Coloro che devono essere considerati come i fondatori del moderno
pensiero colonialista portoghese, O.Martins, A.Enes, ecc., dettero origine ad una vera
13Affermazione presente in B.Mazula, Democracia, cit., p.156.
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scuola che intendeva affrontare scientificamente il tema della relazione colonizzatorinativi, secondo prospettive di ispirazione neo-positivista e neo-scientista.
O.Martins afferma che i negri sono soltanto “braços, ferramenta humana e trabalhos”, collocandosi questi “entre o homem e o antropóide”. Essi riescono a lavorare,
ma soltanto spinti “pela necessidade imediata”, perciò occorre conservare lo schiavismo, nonostante le raccomandazioni degli altri paesi occidentali, tutti orientati verso
la costruzione di un moderno sistema capitalista, in cui l’elemento centrale è il lavoro
libero in una società basata sulle nuove relazioni denaro-merce-denaro14. In questo
senso, il Portogallo restò molto attardato nella formazione di un moderno capitalismo, e ciò si rifletté nell’approccio verso le colonie. Queste dovevano essere spremute
al massimo grado, e la maniera per farlo era quella tradizionale: sfruttare la forzalavoro, secondo le modalità tipiche della produzione schiavista.
Così, il Portogallo resistette alle pressioni internazionali fino al limite estremo; poi,
quando la situazione diventò insostenibile, il rimedio fu preso secondo una linea di
continuità molto chiara: nonostante l’abolizione della schiavitù, non ci furono mutamenti notevoli. Infatti, Enes, sul finire del secolo XIX, continua a parlare di necessità
di costringere “os rudes negros de África” a lavorare, affinché il Portogallo possa esser
certo di ottenere la produttività necessaria dalle colonie. L’idea è semplice: accordo
formale con l’abolizione della schiavitù, ma affermazione di non poter trasformare i
nativi in vagabondi; quindi, unica alternativa è fare di questi “trabalhadores”. Tali indicazioni si trovano nel Código do Trabalho Indígena, del 189915. Unica eccezione è
la voce del vescovo D.António Barroso (1895), che voleva proporre una differente valorizzazione della popolazione locale.
Ma l’incontro maggiormente significativo fra Scienze sociali ed obiettivi della politica coloniale si verifica nei primi anni Trenta, appena prima e durante l’ascesa al potere di Salazar. L’allora Ministtro delle Colonie, l’8 luglio del 1930, promulga l’Acto
Colonial, in cui viene introdotto di nuovo e secondo termini più completi il concetto
de “trabalho obbrigatório”, ritirato soltanto nel 1971. Base teorica di questo atto è
l’affermazione in base alla quale “o colonialismo exige essencialmente o desnível das
raças e das culturas”16.
14O.Martins, O Brasil e as colonias portuguezas, Libraria Editora de Lisboa, 1920, pp.284-285.
15]Il cui testo si può leggere in P.R. de Almeida, História do Colonialismo Português em África:
cronologia século XIX, Estampa, Lisboa, 1979b, vol.II.
16Ib., pp.315-316.
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Con Salazar, la classe dirigente portoghese si sforza di trovare giustificazioni ideologiche sempre più “scientifiche” alla politica coloniale e razzista. Deve essere segnalato, in questo senso, il primo Congresso di Antropologia Coloniale (Porto, 1934), che
offre le linee essenziali della “filosofia da colonização”. L’antropologia diventa la disciplina più rappresentativa di tutte le Scienze sociali, intesa come “ciência global”
dell’uomo africano e con sempre più stretti rapporti con le Scienze naturali, in primo
luogo la biologia. Non a caso, col trascorrere degli anni, sotto la dittatura di Salazar,
nascono (negli anni Sessanta) il Centro de Antropobiologia e il Centro de Estudos de
Antropologia Cultural, la cui funzioine è definire status e caratteri dell’uomo della società autoctona.
In estrema sintesi, questa è definita come tradizionale e, per questo, “estagnante”:
idee - che si ispirano agli antichi teorici, come Martins e Enes - elaborate soprattutto
da vari lavori di dissertazione presentati (intorno agli anni ‘60-’70) presso l’Instituto
Superior de Ciências Políticas Ultramarinas, in cui si continua a considerare l’uomo
africano come inferiore al bianco europeo e non degno di essere liberato dalla sua
condizione di antropoide, se non molto gradualmente e secondo un approccio che la
scienza antropologica moderna va sviluppando, insieme all’insegnamento della Chiesa cattolica, alla quale è lasciato - specie dopo il 1940, con l’Accordo Missionario - il
monopolio sull’educazione dei nativi. In questo senso, esiste una separazione formalmente formulata tra insegnamento “oficial” (per i figli dei coloni e degli assimilati) ed insegnamento per gli “indígenas”, per “elevar gradualmente da vida selvagem à
vida civilizada” l’uomo africano17.
Questo tipo di rapporto con la società locale riflette le necessità fondamentali del
capitalismo della metropoli, il quale - in ritardo di sviluppo in relazione a quello del
resto d’Europa occidentale - ancora nel dopoguerra stava attraversando la fase che
classicamente si è soliti definire della “prima rivoluzione industriale”, ossia quella
dell’espansione dell’industria di base, specie tessile. Perciò la grande crescita di questo genere di produzione favorì l’opzione, da parte portoghese, di proseguire col tradizionale sfruttamento di carattere semi-schiavista, poiché la funzione della colonia
mozambicana era fornire mano d’opera e materie prime - soprattutto cotone, che nel
dopoguerra va a sostituire lo zucchero come la più importante produzione del paese alla metropoli.
17Sull’origine e l’organizzazione del sistema di insegnamento in epoca coloniale, cfr. B.Mazula, Educação, Cultura e Ideologia em Moçambique: 1975-1985, Edições Afrontamento, Lisboa, 1995.
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In tale maniera, la nuova configurazione dello sfruttamento del Mozambico non
provocò mutamenti notevoli nella organizzazione del lavoro, nelle relazioni coi nativi,
insomma nella struttura sociale del paese, che restò ferma alla netta divisione europei-indigeni18.
Per questo, nonostante la critica dell’ONU (1965) verso una simile discriminazione, sistema educativo e di insegnamento proseguono secondo le medesime linee fino
alla liberazione del paese, svelando più di una volta la funzione di appoggio
dell’insieme delle Scienze sociali portoghesi alla politica del regime. Ha da essere
condivisa l’opinione di Laplantine, secondo la quale, fino all’ottenimento
dell’indipendenza, il tipo di antropologia che andava affermandosi deve essere concepita come “discurso do Ocidente (e somente do Ocidente) sobre o outro”19, a cui dovrebbe aggiungersi una psicologia rivolta verso la pedagogia, anch’essa al servizio della colonizzazione, focalizzata sulla convinzione che il bambino nero non possa essere
civilizzato, a causa della sua inferiorità soggettiva e del contesto sociale in cui è solito
vivere20.
L’obiettivo di questo discorso è chiaro: 500 anni di politica discriminatoria non
hanno prodotto soltanto relazioni sociali ed economiche diseguali fra colonizzatore e
colonizzato, ma soprattutto un senso di inferiorità ed una spersonalizzazione e snaturalizzazione dei nativi, il cui risultato è stato la mancanza di una identità collettiva del
popolo mozambicano ed un livello culturale e di alfabetizzazione oltremodo bassi. Da
qui occorre avviare il ragionamento per comprendere la decisione della Frelimo di costruire una nuova personalità, individuale ma principalmente nazionale, facendo attenzione alle forme di resistenza tradizionali che andavano riempiendo il vuoto di potere fra epoca coloniale e post-coloniale.
2.2. Scienze storico-sociali, cultura e educazione nella costruzione del sistema de valori dello Stato mozambicano indipendente.
Continuità e rotture caratterizzano la complessa fase dell’edificazione morale e culturale del Mozambico indipendente. Per questo è impossibile descrivere tutti i dibattiti che si svolgono durante gli anni di lotta ed i primi di indipendenza. Tuttavvia,
sembra opportuno sintetizzare per lo meno le principali opzioni presenti nella Freli18 Una sintesi delle varie fasi dello sfruttamento coloniale mozambicano da parte dei portoghesi anche se datata - si trova in L.Passerini (a cura di), Colonialismo portoghese e lotta di liberazione nel
Mozambico, Einaudi, Torino, 1970.
19 F.Laplantine, Aprender Antropologia, Brasiliense, São Paulo, 1988, pp.22-23.
20 R.Maistraux, L’inteligence noire et son déstin, Ed. Problèmes d’Afrique Centrale, 1957.
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mo, non tanto per tentare di elaborare una ricostruzione storica, quanto per comprendere meglio i diversi orientamenti sulla strategia e sul modello di sviluppo del
paese, all’interno dei quali va a collocarsi la questione del ruolo delle Scienze sociali
mozambicane, dei valori della nuova società, del sistema educativo adottato. Punto di
partenza deve essere l’affermazione di F.Ganho sopra menzionata, nella quale
l’autore fissa come la “missione” degli scienziati sociali mozambicani sia sempre stata
indirizzata al sostegno ed alla collaborazione alla diffusione dei principi socialisti.
Per semplificare, la presente analisi focalizza la propria attenzione principalmente
sul chiarimento delle principali linee di pensiero della Frelimo di Mondlane e di Machel, tuttavia sottolineando che la gara che si giocò in seno a quel partito fu molto più
complessa del semplicce confronto fra le due più eminenti personalità del partito: si
trattò di una vera e propria lotta politica, della quale gli storici ancora oggi non sono
riusciti a ricostruirne fino in fondo motivi, origini, linee strategiche differenti. Allora,
è preferibile, qui, limitarsi all’analisi degli effetti che tali contrasti ebbero nelle scelte
di politica culturale ed educativa della Repubblica Popolare del Mozambico21.
A partire dalle regioni liberate, la Frelimo intende raggiungere un fine assai ambizioso: costruire un modello di società nuovo e differente da quello dell’esperienza coloniale e pre-coloniale. In queste aree, insieme ad una nuova organizzazione sociale,
si pone innanzitutto la questioine politica ed ideologica, la formazione culturale e morale dei “quadri” e di tutta la popolazione, la trasmissione dei nuovi valori. I nemici
21 La principale interpretazione della presenza di diverse linee politiche all’interno della Frelimo sostiene che ci furono due posizioni “ideologiche” differenti: una, “revolucionária, que queria afirmar desde o inicio da luta armada os principios do marxismo-leninismo, pedindo a ajuda da União Soviética”;
l’altra, che riteneva più opportuno passare attraverso la fase “democratico-borghese”, instaurando un
regime simile a quello di molti paesi vicini, in primo luogo la Tanzania, senza rompere col blocco occidentale legato agli Stati Uniti. Recentemente è comparsa un’altra interpretazione per spiegare i contrasti all’interno della Frelimo. Ovverosia, che gli scontri non ebbero questa origine “politica”, ma una più
sottile, che rifletteva l’esistenza di differenti gruppi culturali e sociali (ma, occorre sottolinearlo, non
“etnici”) che non si conoscevano fra loro. Allora, il vero contrasto - nella lettura di questa interpretazione - fu fra “a pequena élite do extremo Sul”, che era stata la base per la costruzione di un primo nucleo di borghesia locale in seno allo Stato coloniale e che “iria imaginar o país à sua imagem, país moderno com o Estado actor central da vida econômica, com o português como lingua uniformizadora,
em Estado-nação de tipo europeu jacobino”, ed i rappresentanti più legati alla realtà contadina del
Centro-Nord del Mozambico, che continuarono a restare esclusi dai meccanismi fondamentali che andavano determinando l’organizzazione del nuovo Stato e della nuova società. Ora, a parte le interpretazioni storiche sull’origine di questo contrasto, ciò che è importante ricordare qui è che fu la prima la
linea che vinse, soprattutto con l’ascesa al potere di Samora Machel. Per la formulazione di tale interpretazione, cfr. M.Cahen, Estado sem Nação, Comunicação ao Colóquio Moçambique: realidades e
desafios do pós-guerra, Instituto superior de relações internacionais, Maputo, 14 de Dezembro de
1992.
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da combattere sono essenzialmente due: le “influências do capitalismo e da sociedade
‘tradicional’”22.
Tuttavia, almeno in un primo tempo, questo non deve essere identificato con la volontà di organizzare una società socialista. L’obiettivo dei mozambicani è avere una
idea chiara della loro propria identità, cultura e storia, senza aver bisogno delle corrispondenti occidentali e tradizionali, due forme - assai doverse, ma con tratti comuni di “servilismo moral” che impedirono al popolo di svilupparsi autonomamente e pienamente.
Mondlane voleva “construir um país novo”23, con l’obiettivo principale della “consolidação da unidade interna”, dimostrando che “não havia antagonismos entre a realidade de vários grupos étnicos e a Unidade Nacional”24.
Questa è l’idea chiave che accompagna la strategia della Frelimo di Mondlane, così
come di Machel: una unità nazionale realizzata per mezzo della modernizzazione e
delle enormi difficoltà per portarla a compimento. Perciò, partendo dall’assunto secondo cui l’attuale regime economico mondiale, che include il caso del Mozambico, si
basa sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, se ne conclude che è necessario scatenare una lotta armata contro i portoghesi per ottenere l’indipendenza e l’unità nazionale. In vari documenti25 è chiaro come le ragioni di questa diseguaglianza siano identificate, in Mozambico, nella divisione fra stranieri e nativi, e che l’unica soluzione
possibile sia l’ottenimento dell’indipendenza.
Il fulcro di questo ragionamento esprime, più che un’analisi molto approfondita
sui meccanismi economici che provocano la divisione internazionale del lavoro, la
convinzione che l’indipendenza possa risolvere tutti i problemi del paese: il pericolo
principale è, allora, la mancanza di unità fra differenti tribù e gruppi linguisticoculturali che vivono nel territorio mozambicano. Il nuovo Stato deve essere “nazionalista”, il che significa, a livello politico, essere in grado di collaborare con tutti i “países progressistas”, a livello economico sviluppare la produzione raggiungendo
l’autosufficienza, a livello culturale “desenvolver a cultura revolucionária”. Quindi, il
22 A.M. de Almeida Serra, Moçambique e a transição para o socialismo, “Economia e Socialismo”,
60, 1984, p.38.
23 E.Mondlane, O novo Moçambique, in Lutar por Moçambique, Livraria Sá da Costa Editora, Lisboa, 1975, p.182 (ed. orig.: The struggle for Mozambique, Penguin Books, London, 1969).
24 B.Mazula, Educação, cit., p.103.
25 Fra i quali si può leggere O caracter da nossa luta, Documento interno, Frelimo, 1968.
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fine ultimo è instaurare in Mozambico un regime “progressista”, passando da una forte centralizzazione statale26.
Si presenta immediatamente il problema delle relazioni con le differenti espressioni della società civile e, in primo luogo, con quelli che rappresentano i valori tradizionali della civiltà contadina.
In questo senso, l’idea di Mondlane è assai complessa. Infatti, da una parte egli sostiene che gli assi principali dello stato coloniale furono la stessa autorità coloniale ed
i regolati tradizionali, mettendo in evidenza il legame profondo fra i due; dall’altra, si
afferma che questa ultima mantenne “todavia uma certa autonomia”. Nel vuoto lasciato dalla caduta del potere coloniale, quello tradizionale si inserì con tutto il suo
peso, affondando le sue radici nella vita delle popolazioni locali, grazie a una legittimità che veniva da una “concepção popular” e non della forza. Questo significa che
c’era, nell’epoca di formazione dello Stato mozambicano indipendente, uno stretto legame - almeno in alcune aree - fra capi tribali e popolazioni. Fatto che pone questioni
aperte e difficili da risolvere, e che Mondlane indentifica principalmente nel rischio
della diffusione del tribalismo e del regionalismo. Infatti, la funzione di questo tipo di
organizzazioni nella nuova società in formazione si presenta differente rispetto a
quella tradizionale. Mondlane sostiene che, nell’epoca coloniale, questa struttura ebbe una funzione positiva e corrispondente alle necessità della maggioranza. Tuttavia,
col suo progetto di Stato moderno, la Frelimo non poteva accettare di essere sottomessa, in alcune aree del paese, al potere tradizionale. Se a tutto questo si aggiunge
che, in varie regioni, tale potere “já tinha um elemento de feudalismo, permitindo explorar os camponeses”, la conclusione è che “a sobrevivência de semelhantes sistemas é evidentemente um travão ao progresso duma revolução que tem por fim a igualdade social e política”27. Insomma, la tendenza de Mondlane è di far scomparire
il potere tradizionale, facendo grandi sforzi per includerlo nel processo di costruzione
del nuovo Mozambico, ma considerando - se ciò non è possibile - la possibilità di ingaggiare una dura lotta contro questo. In tal senso, la liberazione dei contadini e delle
donne dalle strutture semifeudali, significherebbe l’inizio della nuova società mozambicana. Il ruolo del partito e dell’educazione si fa sempre più importante: si tratta
di due organizzazioni fondamentali che avrebbero dovuto dirigere il processo, il pri-
26 Ib..
27 Ib., p.182.
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mo fondendosi col popolo e interpretando le sue necessità ed aspirazioni, la seconda
liberando le coscienze dei mozambicani.
Per questo, Mondlane insiste molto sul ruolo dell’educazione come prima tappa
per favorire lo sviluppo. Ma l’approccio che egli ha in relazione ai due tipi di educazione non sembra lo stesso. Infatti, come la struttura del potere tradizionale era funzionale a quella società, stesso discorso valeva per l’educazione. C’era una perfetta integrazione fra le due: la prima offriva corsi speciali di iniziazione per gruppi particolari e ristretti di persone (indovini, guaritori, ecc.), diffondendo un sistema universale
e condiviso di valori; la seconda aveva il ruolo di offrire una maggior apertura concettuale, a volte sacrificando valori e credenze tradizionali, in tal modo provocando forti
contrasti. La sintesi andava realizzandosi nel fatto che l’educazione tradizionale era
riservata alla massa, mentre quella coloniale e religiosa era appannaggio della élite
locale, necessaria per mettere in collegamento popolazione con regime portoghese.
L’elemento nuovo che deve superare questa situazione è il progetto di Stato indipendente pensato dalla Frelimo. Per questo, Mondlane ha la convinzione che sia necessario cominciare con “um novo ponto de partida”, in grado di costruire un nuovo
modello educativo. Allora, sarebbe sbagliato pensare di fondare la morale della nuova
società escludendo completamente uno o più di questi tre elementi (valori tradizionali, valori occidentali e “nuovi” valori socialisti). La “nova partida” è questa “simples
combinação”, per poi superarla e migliorarla. Al suo interno, tale progetto deve prendere in considerazione la funzione di ogni membro: dalla cultura occidentale, Mondlane intende scegliere le principali innovazioni che possono risultare utili alla costruzione del moderno Stato mozambicano, con films e documentazioni provenienti
da tutto il mondo, dagli Stati Uniti alla Cina. Le esperienze dei paesi socialisti (Russia, Vietnam, Cuba) possono costituire un modello al quale ispirarsi per edificare una
società moderna e più giusta. Dal sistema tradizionale, egli vuole prendere quegli aspetti che facciano comprendere cultura e storia africana e mozambicana, valorizzando le caratteristiche più innovative - per esempio nel campo dell’arte, della musica e
in altre attività. In questo senso, il ruolo del partito e dell’educazione arriva quasi ad
identificarsi, poiché è il primo che assume la guida per comandare questo processo di
trasmissione dei valori e della cultura, attraverso la fusione degli elementi prima ricordati. Per questo, se il progetto politico-sociale si sviluppa abbastanza rapidamente,
quello culturale “vai crescendo devagar e tomando o seu lugar ao lado da cultura tradicional” molto lentamente e gradualmente.
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In un simile contesto, qual è il ruolo delle Scienze storico-sociali ? Una prima risposta è fornita da Mondlane: partendo dall’analisi relativa alla funzione che queste
discipline ebbero durante l’epoca coloniale, all’epoca “Era necessário - egli scrive28 che l’Africano acquisisse disprezzo per i suoi propri antenati”. In questo senso molto
generale, i “racconti” fatti da archeologi e storici occidentali, appoggiati dai sociologi,
intendono dimostrare che il continente africano mai ebbe un ruolo di qualche tipo
nello sviluppo umano, e che l’unica fonte di acquisizione delle forme evolute di cultura si dovette all’opera dei colonizzatori. La scienza fu una delle principali armi in mano agli occidentali, con l’aperto appoggio della Chiesa cattolica, che - nel caso dello
Stato portoghese - ebbe il quasi-monopolio dell’educazione dei nativi.
Per tutto questo, Mondlane si pose l’obiettivo di restituire la dignità alla storia ed
alle culture locali, costruendo una nuova visione da cui partire per formare una moderna identità africana e mozambicana. La meta è di ottenere risultati contrari a quelli che ottennero i portoghesi: produrre cittadini e non servi. La scuola, una scuola
rinnovata e finalizzata all’alfabetizzazione e alla diffusione della cultura nelle masse
anche attraverso metodi “informali” (la trasmissione dei valori e delle conoscenze
grazie a catene fra individui culturalmente più preparati e masse popolari), diviene il
mezzo più efficace per arrivare a questo obiettivo. Resta evidente che, nel pensiero del
primo Presidente, le Scienze sociali rappresentano un momento abbastanza significativo per la costruzione della nuova coscienza collettiva del popolo mozambicano, contribuendo alla elaboraziione e alla diffusione dei nuovi valori voluti dalla Frelimo, secondo una opera di modernizzazione e laicizzazione della società, ma senza perdere di
vista le particolarità locali. Sono queste che possono causare la sconfitta dell’idea - affermatasi durante 500 anni di colonizzazione - dell’inferiorità antropologica dei nativi
in rapporto agli europei, inculcata nelle popolazioni - grazie all’aiuto dei capi tradizionali - affinché queste potessero percepirsi come incapaci di autogovernarsi ed autoorganizzare la propria vita sociale.
Questa importante funzione, nella sua applicazione pratica, va a scontrarsi con due
ostacoli: la difficoltà di penetrare nelle coscienze dei contadini, nel loro sistema di valori e nel loro linguaggio, e la reazione sviluppata dai dirigenti della Frelimo a tale situazione, giungendo questi alla conclusione che la sola via percorribile sia
l’imposizione del nuovo modello di società. Ancora una volta, è chiaro come la diffe-
28 E.Mondlane, Educação e submissão, in ib., p.59.
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renza più profonda non provenga dalle differenze nelle concezioni politiche, ma dalla
“incomunicabilità” fra due sistemi di valori scarsamente compatibili.
Come conclusione, è possibile affermare che il progetto di Mondlane era la valorizzazione delle forme più innovative delle culture presenti in Mozambico, tutte nella linea della costruzione dello Stato che doveva essere indipendente culturalmente, oltre
che politicamente.
Questo disegno ebbe trasformazioni piuttosto radicali nel corso della lotta armata,
e soprattutto con la ascesa al potere di Samora Machel e con le nuove condizioni politiche internazionali. Ci fu una radicalizzazione dei metodi in corrispondenza a quella
dei nuovi obiettivi.
Dopo le lotte interne prima menzionate, l’obiettivo dei dirigenti della Frelimo fu
formare una coscienza nazionale la più unitaria possibile. Questo significò accettare e
proporre un modello di Stato e di società piuttosto ben definito. Nel primo caso, sviluppando le strutture basilari ereditate dal periodo coloniale: forte centralizzazione,
burocratizzazione ed uniformizzazione. La parola d’ordine che i portoghesi erano soliti utilizzare - “só há moçambicanos” - può essere adottata per descrivere il disegno
della Frelimo immediatamente dopo la Liberazione. Così, se il colonialismo portoghese non sostenne mai il “divide et impera” fra i diversi gruppi linguistici mozambicani,
per non incorrere nel rischio di dover comunque riconoscere - anche se indirettamente - una forma di etnicità propria dei mozambicani, la Frelimo aderì a questa filosofia,
caratterizzandosi come anti-tribalista ed anti-regionalista. Ciò che cambiò fu, ovviamente, l’ispirazione di fondo ed i principi morali del nuovo progetto, ma le strutture
statali non subirono alterazioni significative, se non nella mancanza e nella fragilità di
nuovo personale impiegato.
L’organizzazione della vita nelle zone liberate - soprattutto in ciò che si riferisce alle campagne - seguì gli orientamenti prima citati. Con particolare enfasi
dall’ottenimento dell’indipendenza, ma seguendo una linea di continuità più che di
rottura, questa organizzazione trasse ispirazione da un disegno uniformizzatore e
modernizzatore. Il potere tradizionale fu considerato come feudale, gerontocratico e
sessista e, quindi, non adeguato ai nuovi valori che la Frelimo intendeva inculcare.
Per questo, fu presa la decisione di ingaggiare una dura battaglia contro i capi tradizionali, fino alla loro scomparsa, per organizzare il contadinato secondo strrutture
socio-politiche differenti da quelle del recente passato. Quando, nel 1977, il III Congresso decise di adottare una strategia di sviluppo basata sull’agricoltura, promuo-
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vendo strutture collettive come cooperative e proprietà agricole statali (“machambas”), col supporto politico delle “aldeias comunais” (“villaggi comunali”) - ispirandosi all’esperienza della Ujamaa della Tanzania -, la spinta verso la costruzione di
una società socialista stava, probabilmente, in una condizione di debolezza e, forse, di
grave crisi.
I dati spiegano meglio delle parole i risultati che questa politica riuscì ad ottenere:
nel 1980-81 le cooperative agricole costituite erano 351, con 35.000 lavoratori coinvolti, una cifra molto bassa in confronto con gli obiettivi definiti dalle autorità:
70.000 cooperative nel 1980, 1,5 milioni nel 1985, 5,5 milioni nel 1990 29. Il commento a latere di questi risultati fu molto esaustivo: l’appoggio statale alle strutture - economiche e politiche - collettive fu considerato come “fraco e inconsequente”, valutazione confermata dall’essere stati gli investimenti nelle cooperative nel periodo 197781 soltanto del 2% rispetto all’investimento globale del settore agricolo. Il resto fu destinato quasi interamente al settore statale, mal organizzato e che non riuscì a dare
risultati soddisfacenti30. Quindi, fu dato impulso ad un tipo di produzione legato allo
stato, che scoraggiò le forme dinamiche dell’economia31.
Il perché di questa scelta deve essere individuato nel modello stesso della struttura
statale e sociale che la Frelimo volle imporre: una struttura che doveva rispondere direttamente - in tutte le sue articolazioni - al potere centrale, e che valutava con un
certo sospetto l’iniziativa privata, anche se questa fosse stata controllata e diretta dai
quadri presenti nelle aldeias comunais. In questo senso, qualcuno ha sostenuto non senza ragione - che tale genere di politica ha mirato ad organizzare il contadinato
non attraverso una “transição socialista”, ma mediante “uma vontade tecnocrata de
desenvolvimento rápido pela destruição do modo de produção doméstico e das formas sociais originais no seio do campesinato, para a construção de uma nação homogénea imaginada pela fracção radical da comunidade assimilada e crioula do Sul”32.
Insomma, anche in questo caso torna l’antica questione della scarsa e sempre più difficile compatibilità fra la ferma volontà di modernizzare ed uniformare, e le radici
della società contadina, che organizza forme di resistenza contro questo progetto.
Le conseguenze di questa scelta deteminarono il destino del Mozambico contemporaneo: l’idea, elaborata dalla Frelimo, di vestire i panni di “único agente da tran29 Dati estratti da A.M. de Almeida Serra, Moçambique, cit., p.39.
30 Frelimo, Relatório do Comité Central ao IV Congresso, Maputo, 1983, p.32.
31 Cfr. A.M. de Almeida Serra, Moçambique, cit., p.39.
32 A.M. de Almeida Serra, Moçambique, cit., p.39.
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sformação social”33, escludendo tutti gli alttri, provocò nel paese una condizione di
profondo disagio in parti significative della “società civile”, che non poterono partecipare, se non da posizioni marginali o di più o meno aperta opposizione al regime, alla
costruzione del nuovo Mozambico. Parallelamente, il contatto diretto con le popolazioni divenne sempre più difficile, nonostante la presenza (o forse per causa) dei
Gruppi Dinamizzatori, i cui responsabili erano eletti in rapporto alla militanza ed alla
“fedeltà” al partito, più che alle capacità, e che avevano il compito di organizzare tutta
la vita sociale e culturale di una comunità. La ragione di questa difficoltà nell’entrare
in profonda sintonia con le popolazioni, secondo un valido studioso, deve essere trovata nella scelta, da parte della Frelimo, di non aver preso in considerazione relazioni
“culturali”, ma esclusivamente “ideologiche”, schematiche e rigide, il che provocò il
costante allontanamento fra partito e popolo34.
Infatti, la semplice osservazione testimonia come, oggi, molto poco sia rimasto nella gente comune dei valori trasmessi durante l’epoca socialista: la popolazione, infatti, sembra avere assistito più o meno passivamente - nella sua maggioranza - ai notevoli mutamenti che si succedettero negli ultimi trenta anni della storia mozambicana.
I primi ma ancora molto incompleti risultati di una ricerca sociologica in via di
compimento indicano che - soprattutto nelle fasce inferiori - la percezione del progetto socialista della Frelimo fu debole e poco chiara, tanto che molti fra gli intervistati
ignorano quali furono gli obiettivi fondamentali di questa strategia, non conoscono la
ragione per la quale la Renamo (Resistenza Nazionale del Mozambico) decise di organizzare una opposizione così dura e feroce, identificano nella persona di Samora
l’intera esperienza della RPM, sostenendo che sua idea sempre fu - in sintesi - la “uguaglianza nella povertà”, negatrice dello “sviluppo” e del benessere.
Occorrerà attendere il compimento di questa ricerca per intendere meglio quale fu
l’effettiva relazione che si stabilì tra la Frelimo dell’epoca socialista e la popolazione,
ma - da adesso - pare di poter affermare che la trasmissione dei valori morali e, dunque, la trasformazione della società mozambicana furono aliene dall’avere un punto
di riferimento importante nel progetto modernizzatore voluto dal partito al potere.
Così, i mutamenti organizzativi che intervennero nel corso di quella esperienza prima di tutto la trasformazione, nel 1978, dei Gruppi Dinamizzatori in Cellule di partito - non provocarono gli effetti desiderati, anche perché cominciò la dura guerriglia
33 B.Mazula, Educação, cit., p.129.
34 A. de Bragança, Da idealização da Frelimo à compreensão da História de Moçambique, “Estudos Moçambicanos”, 1986, pp.29-52.
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della Renamo e dei suoi alleati del blocco occidentale, che riuscì a distruggere il progetto della Frelimo.
Detto questo, ciò che è abbastanza chiaro è l’impressione che la Frelimo non sia
riuscita ad instaurare - nonostante l’attività di propaganda - una stretta relazione col
suo popolo, giacché si registrò un profondo iato fra intenzioni e realizzazioni, che andò ampliandosi con la crescita, in seno all’apparato statale, di quell’élite burocratica
che lasciò di considerare come elemento decisivo del successo della politica governativa il rapporto governati - governanti. Significativo, a questo proposito, che una delle
ultime campagne condotte da Machel fu contro i “burocrati statali” (1980).
Perciò, l’assioma da cui Machel trasse ispirazione fu che il Mozambico aveva le energie sufficienti per risolvere autonomamente i propri problemi. Più di una volta egli
ricorda una formula diventata classica all’interno delle politiche di sviluppo: ossia che
le masse devono contare sulle proprie forze, costruendo una società nuova, grazie ad
obiettivi comuni ed in relazione al partito che le rappresenta. Per far questo sarebbe
stato necessario superare gli antichi modelli che erano andati affermandosi nel corso
della storia del paese. Così, il primo compito fu formulare un nuovo e chiaro concetto
di società e di uomo, a partire dall’analisi dell’esperienza coloniale e, soprattutto, dalle relazioni sociali nelle campagne.
Le Scienze sociali ebbero un ruolo importante nella realizzazione di questo progetto, poiché spettò a loro identificare la strada per render possibile una strategia articolata e globale. In tal maniera, esse si collocarono in pieno nel solco di tale disegno
modernizzatore, trovando le modalità grazie a cui tradurre, popolarizzandole, le idee
su cui la Frelimo basava la propria ideologia.
Il compito principale delle Scienze sociali fu definire identità e caratteristiche
dell’Uomo nuovo, il vero punto di inizio della nuova società.
L’adesione all’ideologia marxista-leninista (ufficializzata col III Congresso, nel
1977) facilitò questo processo, poiché fornì schemi di riferimento conosciuti ed universali, ai quali la Frelimo poteva ispirarsi, senza perdere la sua originalità. Questa
opzione caratterizzò lo Stato mozambicano come il più fedele alla filosofia scelta e, in
tal senso, quello che applicò la forma più conseguente di socialismo rispetto agli altri
paesi africani. E questo divenne uno dei marchi identitari del paese.
In confronto alla visione di Mondlane, l’idea centrale della Frelimo de Samora quella dell’”Uomo nuovo” - rappresentò una novità nella continuità. L’”Uomo nuovo”
costituisce il soggetto senza il quale è impossibile costruire una nuova società: è un
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uomo “integrale”, con caratteristiche apertamente socialiste, ma senza respingere
quelle “umanistiche” tout court, già prese in considerazione da Mondlane. Questa figura di Uomo nuovo non si presenta secondo linee definite e delineate una volta per
sempre, ma progressive secondo una visione processuale, potendo questi attingere
nuove conoscenze e nuovi arricchimenti culturali e morali dai contatti con la società
esterna. Si tratta, in breve, di un uomo in costante formazione, che ha saputo rompere con la relazione padrone-burattino dell’epoca coloniale, e che ha come scopo - da
un punto di vista oggettivo - lo stabilimento della “dittatura democratica rivoluzionaria”, e - da uno soggettivo - l’affermazione di una nuova etica, basata innanzitutto
sull’uguaglianzza e la dignità fra esseri umani, in cui il lavoro non sia più una costrizione, bensì un valore sociale, per essere più precisi il più importante fra i valori sociali, in assenza dei quali diventa impossibile edificare la nuova società. Infatti, quello
che probabilmente deve essere considerato come il principale “ideologo” della Frelimo degli anni Settanta-Ottanta, Sergio Vieira, trae ispirazione, per la definizione di
Uomo nuovo, da Mondlane, superandolo, per arrivare alla piena formulazione di un
uomo definitivamente socialista. Egli presenta questa figura come prodotto e al contempo fine della trasformazione della realtà; è un individuo che si differenzia sia da
quello colonizzato, il quale ha una mentalità “sem dimensão temporal, nem física”,
poiché necessita dell’arrivo di Vasco de Gama per situare le proprie coordinate, sia da
quello borghese, che tende ad emulare l’occidentale, dimenticando le proprie radici.
In stretto rapporto con questa idea innovativa dell’uomo e della società si trova
l’educazione, unico mezzo per raggiungere gli obiettivi definiti. E questa deve essere
patriottica, aperta e scientifica, in tal modo radicalizzando molto le indicazioni di
Mondlane. Con la centralità dell’Uomo nuovo, i dirigenti della Frelimo si assumono la
responsabilità di tagliare qualsiasi eredità con l’uomo coloniale e con quello tradizionale, secondo una idea di ferma modernizzazione e laicizzazione della società mozambicana35. Non a caso, in vari documenti l’educazione tradizionale è definita come
il luogo privilegiato della superstizione, in opposizione alla scienza, in cui l’iniziativa
intellettuale e sociale risulta paralizzata36. L’alternativa proposta è l’”educazione rivoluzionaria”,
che
intende
costruire
nuove
relazioni
sociali
ed
eliminare
l’individualismo, l’egoismo, la superstizione. Qui si trova un elemento essenziale del
progetto “spirituale” del Mozambico di Samora: in parallelo coi valori appena ricor35 Cfr. S.Vieira, O homem novo é um processo, Discurso à Segunda Conferência do Ministério da
Educação e Cultura, Dezembro 1976.
36 Frelimo, Educação no Moçambique livre, s.d..
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dati, egli vuole superare gli aspetti più “particolari” a livello politico-istituzionale, per
introdurne di più generali: così, il concetto di Nazione sostituisce quello di tribù, religione, razza, per mezzo del passaggio da una forma “passiva” verso una “attiva” di
apprendimento, chiamata “assimilação crítica”.
In questo contesto, la scienza svolge un ruolo significativo: essa deve essere intesa
quale “força material e transformadora da sociedade”, in cui l’educazione e
l’insegnamento rappresentano gli strumenti fondamentali, poiché loro funzione è offrire una visione moderna e più laica dei fenomeni naturali e sociali che si trovano nel
mondo. Non a caso, le caratteristiche basilari di questo uomo sono, insieme ad un
grande equilibrio, il dominio della libertà e dell’autocoscienza, grazie a cui gli sarà
possibile trovare il proprio cammino. Insomma, per usare un’espressione di Kant, si
tratta di un uomo che riesce ad uscire dalla condizione di minorità, per entrare pienamente in quella della maturità, secondo una visione che ricorda molto quella illuminista.
Il ruolo dell’educazione è stato decisivo affinché i nuovi valori penetrassero nella
società mozambicana. Qui saranno ricordate esclusivamente le principali linee politiche scelte per adeguare il nuovo sistema educativo alla strategia generale della Frelimo, per poi soffermarsi più approfonditamente sulla funzione di appoggio delle
Scienze storico-sociali rispetto alla costruzione del Mozambico socialista.
Il primo punto segnalato da S.Machel dal 1975, all’interno del messaggio ai mozambicani in occasione della celebrazione dell’indipendenza37, è l’affermazione del
progetto di una società e di un uomo “nuovi”. Nello stesso anno, il Primo Seminario
Nazionale di Educazione prende la decisione di ritirare dai programmi di insegnamento “tudo o que fosse contrário à ideologia da Frelimo”. In breve, il tratto unifirmizzante assume un’importanza prevalente: innanzi a 16 gruppi etnici e 24 lingue principalmente di origine bantu -, l’unica opzione coerente con la strategia generale
di sviluppo del paese è l’adozione del portoghese come idioma ufficiale, lasciando alle
lingue locali soltanto la dignità di dialetti38.
Come sostenuto nel primo paragrafo, la funzione della cultura e dell’educazione fu
di aperto appoggio al Potere centrale: ancora all’inizio del 1975, la Primeira Reunião
37 J.Reis/A.P.Muivane, Mensagem de Proclamação da Independência proferida no Éstadio da Machava, in Datas e Documentos da História da Frelimo, Segunda Ed. Maputo, Imprensa Nacional,
1975.
38 Secondo quanto afferma B.Mazula, Educação, cit., pp.214-215, questo tipo di scelta - comune a
molti paesi africani una volta che questi hanno conseguito l’indipendenza - dimostra la “marginalização das linguas naciionais do processo de construição de historicidade” e, in definitiva, “o genocidio cultural assumido”.
Il Trimestrale. The Lab's Quarterly
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Naciional dos Comités Distritais (Macuba - Zambezia -, 16-21/2/1975) evidenziò
l’importanza del ruolo della cultura per rinsaldare la percezione nella popolazione
dell’unità nazionale; e ciò nel senso di uniformare abiti e costumi differenti, secondo
l’idea che unità sia uniformità. La stessa linea politica fu adottata nel corso del Terzo
Congresso, in cui si definì la strategia culturale per lo sviluppo del paese. Resta prioritaria la lotta all’analfabetismo, per far comprendere meglio ad operai e contadini gli
obiettivi del partito. Così, la prima campagna di alfabetizzazione (1977-79) si concluse
con 100.000 adulti in grado di leggere e scrivere, grazie all’azione della Direção Nacional de Alfabetização e Educação dos Adultos, fondata nel 1976, che faceva parte del
Ministero dell’Educazione e della Cultura.
Ciò significò una aperta lotta contro tutte le forme culturali che non corrispondevano al progetto della Frelimo: potere e valori tradizionali, religione - soprattutto cattolica (considerata, come l’idealismo, una delle forme di oscurantismo) -, morale occidentale. Laicità, sacrifici della popolazione (la vita lussuosa è definita come “incompatível com o serviço do povo e da revolução”39), lavoro come nuovo valore sociale al
quale tutti i mozambicani devono aderire e forte uniformizzazione furono gli assi intorno ai quali si sviluppò il progetto della Frelimo. Nella pratica, tutto il resto fu considerato come qualcosa di vicino alla superstizione, un’arma per continuare a marginalizzare e sfruttare le persone comuni o - più semplicemente - una serie di tentativi,
da parte dei nemici, per destabilizzare la nuova strategia. I professori furono individuati, attribuendo loro una responsabilità decisiva, come coloro i quali dovevano diffondere le nuove credenze laiche e moderne che il Potere intendeva imporre. Il metodo adottato nelle scuole fu il centralismo democratico, secondo la convinzione che
docenti, studenti e funzionari avrebbero dovuto partecipare alla vita dei “collettivi”,
con compiti specifici, ma con un punto di incontro comune nelle sezioni, il cui ruolo
era organizzare le attività culturali, sportive, sociali, affinché ogni comunità si sviluppasse secondo le proprie caratteristiche. Ciò significò dar fiducia ai docenti, ma senza
attribuire loro il monopolio del sapere, neanche nelle scuole, secondo un approccio
che mirava a presentare la cultura come frutto di un lavoro intellettuale collettivo - in
base all’”assimilação crítica” -, a cui tutti potevano e dovevano partecipare, contrariamente a ciò che accadeva nella società rurale, dove il régulo (capo villaggio). attraverso il suo potere in ambito culturale, poteva dominare anche in tutti gli altri.
39 MINED, O homem novo, Doc. Inf. N.9, 6/8/1978.
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Nel 1976 cominciò il primo corso di formazione per insegnanti, organizzato
dall’Università E.Mondlane, fatto che testimonia, ancora una volta, dell’importanza
che il governo attribuiva a questa categoria di lavoratori40, mentre, praticamente
nella medesima epoca, fu introdotta nelle scuole la disciplina di “educação política”,
per mettere gli studenti nelle condizioni di comprendere meglio il progetto della Frelimo.
Tuttavia, oltre alla struttura organizzativa, sembra ancora più importante evidenziare quelli che furono i principi basilari del sistema di insegnamento e della pedagogia mozambicana nei primi anni di indipendenza. Questi principi hanno uno stretto
rapporto coi valori generali che, all’epoca, si intendevano diffondere: in particolare, la
costruzione di una società equa, i cui nemici furono identificati nel capitalismo,
nell’imperialismo e nel tradizionalismo. Per questo educazione tradizionale ed educazione capital-colonialista hanno, nell’analisi della Frelimo, obiettivi similari, ovverosia “the perpetuation of the existing oppressive system of class division, through the
inculcation of passive superstition beliefs in supernatural forces controlling man and
his environment”41. Per questo, la nuova educazione deve avere il fine di elevare il livello di sapere e di conoscenza fra i mozambicani, ma senza che essi ne facciano un
uso egoistico. La cultura deve essere diffusa come una catena, affinché le persone si
sviluppino, e non per gestire il potere grazie all’ignoranza degli altri. Insomma, con
parole de Samora Machel, “He who has studies should be the match that comes to
light the flame that is the people”.
Dopo aver ricordato l’affermazione del Presidente Machel, secondo il quale “énas
escolas que a Revolução vai ser ganha ou perdida”, il documento prima menziionato
pone l’accento nella diretta interrelaziione fra scelte politiche del Partito-Stato e ruolo
dell’educazione, specialmente per quel che riguarda gli adulti. “A principal tarefa é
cumprir os objectivos traçados pelo Partido, ou seja vestir o ensino e a educação de
adultos de um conteúdo de classe”.
40 Cfr. L.Gasperini, L’uomo nuovo come obiettivo, “Politica internazionale”, 10, 1980, pp.57-63.
41 The match that lights the flame, riproduzione di un documento ufficiale della Frelimo
sull’educazione, sottomesso all’UNESCO, sulle politiche e sul progresso della ricostruzione
dell’educazione in Mozambico (gentile.1976), Published by the Mozambique, Angola and Guine Information Centre, 12 Little Newport Street, London.
Il Trimestrale. The Lab's Quarterly
25
Insieme ai giovani, gli adulti devono avere un orientamento molto chiaro a livello
ideologico, poiché essi devono combattere contro “os vestígios feudais, contra as relações de produção capitalistas ainda existentes”42.
In parallelo con l’educazione degli adulti, anche il ruolo delle scuole risulta fondamentale nella costruzione di una coscienza nazionale. A questo proposito, “o Ministerio da Educação e Cultura vê na uniformização dos programas e currícolos das disciplinas técnicas (...) um passo decisivo”. Più in generale, “a educação e formação em
todas as escolas deve estar profundamente ligada à difusão da ideologia do Partido”;
così, la cultura acquista definitivamente il carattere di “instrumento de luta”, con
“conteúdo de classe” e “verdadeiramente nacional”43.
La subordinazione della cultura e della struttura scolastica alle linee indicate dalla
Frelimo risulta, così, totale, come è stato messo in evidenza da vari autori che si sono
confrontati con questo tema; l’obiettivo ultimo di questo “monumental task” è impossibile da raggiungere, senza “instilling a revolucionary mentality” nei mozambicani44. E proprio questo fu ciò che la Frelimo socialista tentò di fare.
Gli altri principi più particolari, che caratterizzano il sistema educativo e valoriale
del
nuovo Mozambico,
possono
essere
delineati
nella seguente
maniera:
1.interrelazione studio-produzione, secondo quanto afferma Marx quando sostiene la
necessità di non separare attività materiali ed intellettuali; 2.legato al primo, il secondo principio - apprendere a fare, facendo - mostra ancora una volta l’origine “antiintellettualista” di Samora, poiché qui l’”Uomo nuovo” è concepito come uomo “integrale”; 3.studiare con la masse ed applicare insieme alle masse; 4. lavoro lato a lato
professori-studenti; 5.ruolo della donna, oggetto privilegiato delle politiche educative
del nuovo Mozambico, secondo una concezione che sempre più si allontana da quella
presente nella società tradizionale, in cui questa una funzione di mera riproduzione e
piacere45.
Tuttavia, questo ambizioso progetto di rinnovamento e rifondazione della società,
che mobilitò molte forze del nuovo Mozambico, non si dimostrò sufficiente per evitare una grave crisi. Dopo circa cinque anni, le difficoltà nella realizzazione vennero alla
luce. Per questo, l’allora Ministro dell’Educazione, Graça Machel, tentò di lanciare un
42 Ministerio da Educação e Cultura, O papel dirigente do partido, 2ª Reunião Nacional, Maputo,
1977.
43 Ib., pp.20-21.
44 A.T.Mugomba, Education in Mozambique, “Journal of Southern African Affaires”, 4 (3), ott.
1978, p.18.
45 E.Nascimento, A concepção, cit..
Il Trimestrale. The Lab's Quarterly
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programma differente, incentrato sulla parola d’ordine dell’”unidade na diversidade
cultural”. Risultò evidente la presenza di due orientamenti nella politica educativa
della Frelimo, ma il Ministro perdette la sua battaglia, fino a quando le resistenze interne e la guerra scatenata dalle forze straniere avverse alla Frelimo non riuscirono a
provocare - verso la metà degli anni Ottanta - una svolta radicale verso una politica
liberale.
2.3.Il ruolo delle Scienze storico-sociali.
In tutto questo processo, quale fu il ruolo delle Scienze storico-sociali mozambicane?
Innanzitutto occorre parlare del “racconto” che la Frelimo volle imporre alla società e nelle scuole, sulla interpretazioine dello sviluppo storico del paese.
Coerentemente col discorso nazionalista, centralista, uniformizzante, antitribalista ed anti-razzista compiuto a livello politico, l’interpretazione della storia mozambicana riflette queste intenzioni marcatamente ideologiche. Così, la costruzione
della storia ufficiale passa - come nel caso di altre discipline, quali geografia e lingua
portoghesi - attraverso la ri-scrittura dei manuali scolastici. In questo ambito, il tentativo è volto a valorizzare tutti gli eventi “patriottici” accaduti nel paese, nelle sue varie epoche. Un documento del Mozambico coloniale testimonia ancora una volta questa intenzione: anzitutto, sembra molto chiara e forte l’idea secondo la quale coloro
che vivono “entre o Rovuma e o Maputo” appartengano alla medesima nazione. La
necessità di inculcare nella popolazione una profonda coscienza nazionale si spiega
con la volontà, da parte dei dirigenti della Frelimo, di voler trasmettere l’idea che vi
siano più elementi comuni che differenze fra i mozambicani. Ciò può spiegarsi principalmente attraverso la dimostrazione che c’è una cultura condivisa, e che nell’epoca
coloniale la lotta contro i portoghesi fu la lotta di tutto il popolo contro lo stesso nemico. Per questo, il documento evidenzia come eroica fu tale resistenza, e come sarà
necessario, una volta raggiunto l’obiettivo dell’indipendenza, esaltare il ruolo sia del
popolo, sia dei combattenti più coraggiosi, diffondendo questa concezione fra le masse. Il motivo della sconfitta nella lotta contro i portoghesi viene identificato nella differenza dei mezzi bellici, in una certa carenza organizzativa dei mozambicani, nel tradimento di pochi, singoli capi di tribù - non a caso, quelli che pretendevano di rap-
Il Trimestrale. The Lab's Quarterly
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presentare i valori della società tradizionale, contro i quali la Frelimo soprattutto di
Samora si scaglia -, che vendettero loro stessi ed il popolo all’invasore46.
Secondo queste linee interpretative si sviluppano i testi fondamentali per la diffusione dell’ideologia della Frelimo: il “racconto” che da queste risultò fu, così, costantemente orientato verso la costruzione di una storia nazionale teleologica, più che
verso una ricostruzione critica dei processi economico-sociali del Mozambico.
Per portare soltanto due esempi di una simile tendenza tendenza, basta ricordare
la figura di Monomotapa, primo punto di riferimento di un Mozambico pre-coloniale
“vivo” e con elementi di originalità, che non scompaiono con l’arrivo dei portoghesi,
per culminare nell’enfasi sulla “forte resistência dos moçambicanos”, così come sul
tradimento di alcuni Mwenemutapas, che provocò il fallimento della “resistência heróica do nosso Povo”, permettendo la penetrazione del nemico47. Tutte le forme di
resistenza - non soltanto attiva, ma anche culturale -, vengono esaltate, fatto che consente una lettura ed un insegnamento teleologicamente indirizzati verso il momento
dell’ottenimento dell’indipendenza.
Alcune conseguenze meritano di essere sottolineate: l’introduzione di una interpretazione manichea della storia del paese, con una divisione netta fra “buoni” (coloro che ebbero una funzione giudicata positiva nel corso della vicenda storica che si
concluse con l’indipendenza) e “cattivi” (quelli che ebbero un ruolo contrario al raggiungimento di tale obiettivo). Un esempio, in tal senso, è offerto dalla lettura - in verità molto schematica - delle azioni di un eroe mozambicano (nel testo si parla del
“coragem de Caprazine”), che riuscì ad espellere “todos os portuguêses do império”48, in opposizione al “traidor Mavura”, che, dopo essere tornato - nel 1628 - alla
terra natale e dopo aver ricevuto un’educazione religiosa da parte dei colonizzatori,
decide di “entregar as minas de ouro, cobre, prato e estanho aos portuguêses”, permettendo loro di costruire chiese e diffondere la religione cattolica.
Seguendo queste linee, e parlando dei tempi moderni, storia e leggenda si mescolano: personaggi quali E.Mondlane, S.Machel, J.Machel ed altri sembra facciano parte di una costruzione mitica dello “spirito” di una nazione che necessita di eroi, così
come è esaltato il ruolo del “popolo”, dei contadini e degli operai e, di conseguenza,
della Frelimo, unica loro vera rappresentante.
46 Frelimo, Departamento de Educação e Cultura, Programas para o Ensino Primario, s.d. (ma
probabilmente 1968).
47 A história da minha Pátria, Ed. INDE, Editora Escolar Interglobe Printing Inc., Beauville, Quebec, Canada, 1999, Manual da 5ª Classe do ensino primario.
48 Ib., p.24.
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Coerentemente, il manuale unico che gli studenti potevano leggere nelle scuole
sottolinea la visione della storia del Mozambico come storia del “popolo mozambicano”, interpretata come opposizione più o meno unitaria alle invasioni ed alle conquiste straniere, e principalmente portoghesi.
A questo proposito, degno di significato è che detto manuale non dica niente sulla
guerra civile combattuta dalla Renamo e dalla Frelimo fino al 1992, ma sottolinei il
ruolo dell’Africa del Sud e del suo regime di apartheid in opposizione alla creazione di
un Mozambico libero ed indipendente. Insomma, ancora una volta è chiaro come obiettivo sia la dimostrazione di come i mozambicani abbiano lottato sempre uniti per
ottenere l’indipendenza dallo straniero: ciò implica alterare molte volte la realtà storica, offrendo una lettura assai uniforme, parziale e scarsamente critica dei processi
storici che andavano determinandosi.
Lo stesso approccio si trova in altri manuali, come quello del settimo anno
dell’insegnamento primario, che ha per obiettivo offrire un quadro esaustivo dei movimenti nazionali di liberazione in Africa; anche in questo caso, prevale l’importanza
attribuita a questi movimenti, mentre soltanto poche righe sono dedicate alla Rivoluzione di Ottobre ed al ruolo del socialismo nel lungo processo di decolonizzazione49.
Ma questo tipo di prospettiva non si limita soltanto ai manuali per le scuole, poiché
molta parte della letteratura mozambicana svolge un ruolo di appoggio e di volgarizzazione dell’ideologia vigente, a detrimento dell’esercizio di una funzione critica. Per
esempio, parlando dell’identità nazionale - uno degli aspetti più problematici del Mozambico attuale - Siliya afferma che è importante che “os moçambicanos de hoje tenham sentido comum de terem a mesma pátria e trabalharem juntos para acabar com
a miséria, a fome, a nudez, e apostem no desenvolvimento deste país. É esta vontade
comum de conviverem, trabalharem, e porque já formam a família de moçambicanos
que nasce a Nação moçambicana”50.
Quello adesso menzionato costituisce soltanto un esempio di come un approccio
alla scienza molto prossimo alle necessità del Potere finisca per svuotare la scienza
stessa di tutte le sue potenzialità di raziocinio critico e di comprensione della realtà
attuale e del decorso della storia. Il caso di quest’ultima disciplina non esclude quello
delle altre appartenenti alle Humanities, anzi, la metodologia seguita provoca gli
stessi effetti: un approccio molto astratto e finalizzato alla diffusione di assiomi, senza
preoccuparsi di utilizzare gli strumenti empirici necessari per dimostrarli, in tal modo
49 República de Moçambique, História, 7ª classe/volume II, Instituto nacional do Desenvolvimento
da Educação, INDE/Editora Escolar, 1992.
50 C.J.Siliya, Ensaio sobre a cultura em Moçambique, CEGRAF, Maputo, 1996, p.166.
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accentuando lo iato fra teoria e pratica, e lasciando le Scienze storico-sociali mozambicane in una posizione di ritardo in confronto a quelle del resto del mondo.
Se questa è la situazione attuale, per quel che si riferisce all’epoca che qui più interessa - quella relativa alla formazione dello Stato socialista - il discorso non muta
molto. Sembra particolarmente significativo ciò che Bragança sostiene, partendo
dall’analisi di due libri usciti intorno alla metà degli anni Settanta, dalla quale egli
comincia il suo ragionamento per formulare una idea ed un progetto di scienze differenti da quelli a cui la cultura mozambicana era abituata. Infatti, sia il testo di J.Saul
che quello di J.Hanlon, nonostante la loro utilità, continuano ad appoggiare apertamente il disegno ideologico della Frelimo, con la volontà di combattere le posizioni
antagonistiche, più che di offrire una interpretazione critica51.
Ciò che Bragança mette in evidenza si riferisce ad una lettura della storia della Frelimo (identificata con quella dell’intero paese, secondo quanto pretende di fare la
propaganda del partito al potere) “de forma inquestionável”, trascurando di analizzare contenuto e limiti della vittoria, essendo i due testi dominati da una “problematica
teleológica”52. D’altro lato, gli studi più vicini, politicamente, ad una visione di destra
e, quindi, che si oppone al progetto della Frelimo, hanno le stesse caratteristiche, presentando tale partito come servo degli interessi dei paesi socialisti.
La conclusione può essere letta come un invito a cambiare, a sviluppare una storia
meno “ideológica” e più “crítica e construtiva, sem cair no paternalismo académico e
no trionfalismo cego”53. Obiettivo finale è giungere ad una storia “problematizada”, il
che significa dare dignità scientifica a questa disciplina, affinché possa distinguersi
dalla lettura del passato - legittima, ma che appartiene alla propaganda - offerta dalla
Frelimo.
Si tratta di un punto di vista profondamente innovatore, che vede il suo inizio grazie all’opera del gruppo di storici del Centro de Estudos Africanos già qualche anno
prima dell’uscita del citato saggio di Bragança - come potrà vedersi meglio più avanti
-, la quale intende decostruire un complesso apparato ideologico-propagandistico,
per liberare la scienza (soprattutto quella storico-sociale) dal dominio della politica,
ed autonomizzarla. Questo tentativo, ancora oggi attuale, fu considerato pericoloso da
parte dei governanti e marginalizzato, non soltanto a livello della storia, ma anche
delle altre discipline che fanno parte delle Humanities.
51 Si tratta di J.Saul (editor), A Difficult Road: The transition to Socialism in Mozambique,
“Monthly Review Press”, New York, 1985 e di J.Hanlon, Mozambique: Revolution Under Fire, Zen
Books, London, 1984. Il saggio di Bragança cui si fa riferimento è il citato Da idealização.
52 A. de Bragança, ib., p.34.
53 Ib., pp.34-35.
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A cavallo tra la fine dell’esperienza socialista e l’inizio di quella liberale, nel 1982,
un seminario internazionale sul ruolo delle Scienze sociali nell’Africa Australe svela
l’esistenza di due linee piuttosto differenti che andavano confrontandosi all’interno
del dibattito rispetto a ciò che dovevano essere scienza e cultura nella società mozambicane. Da un lato, una ancora “governativa”, fedele alle indicazioni della Frelimo, sempre più dogmatica e, paradossalmente, sempre più debole; dall’altro, specialmente da parte del gruppo di storici del Centro de Estudos Africanos54, una posizione critica, che pose, per la prima volta in un convegno pubblico di quel livello, la
questione di una vera funzione critica della storia, seppure sempre all’interno della
prospettiva di uno Stato socialista. All’ordine del giorno non era il superamento della
società socialista e la liberazione della scienza dopo la fine di tale esperienza, bensì
quale originale contributo le varie discipline (e, in questo caso particolare, la storia)
potevano offrire affinché la società mozambicana si sviluppasse a livello culturale e di
effettiva conoscenza della propria vicenda nazionale.
Il testo degli storici del CEA presenta un’ottica che mira a provocare una rottura
nella cultura e nella politica culturale della Frelimo. La visione generale si colloca
dentro la strategia di costruzione della società socialista mozambicana, focalizzando
l’attenzione nella relazione teoria-pratica, all’epoca - come visto - assai debole. Così,
l’idea secondo la quale, a partire dagli studi avviati dal 1979 nelle zone liberate (in
primo luogo Cabo Delgado), “theoretical frameworks or problematics are shaped and
determined by the class relations prevailing within the space or time context chosen
for study”55.
Questo consente agli storici del CEA di collocarsi all’interno della linea marxista
indicata dalla Frelimo, ma anche di esercitare una significativa funzione critica: ossia,
affermare che, a differenza di ciò che si pensava comunemente, negli ultimi venti anni
i paradigmi usati per raccontare gli avvenimenti accaduti in Mozambico non furono
diversi da quelli utilizzati in epoca coloniale. Semplicemente, la prospettiva storica
viene affrontata come semplice contro-reazione alla negazione della storia africana,
continuando in tal modo a parlare di Afrocentrismo contro Eurocentrismo, Resistenza Africana contro Collaborazionismo Africano, ecc.. Questa continuità avrebbe por54 Il CEA fu fondato nel 1969, a Boane (cittadina a circa 25 Km. da Maputo), col nome di “Instituto
de Investigação Científica de Moçambique; nel 1976 assunse la denominazione attuale, con sede nella
capitale. Da questo momento, il CEA fa parte della struttura dell’Università “E.Mondlane”.
55 The History Workshop CEA, Towards a History of the Natiional Liberation Struggle in Mozambique: Problematics, metodologies, analyses, Relazione all’incontro organizzato dall’Università Eduardo Mondlane e dal Centro de Estudos Africanos, in collaborazione con l’UNESCO, Reunião de especialistas sobre os problemas e as prioridades na formação em ciências sociais na África Austral,
Maputo, 9-13 agosto 1982.
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tato ad un’importante conseguenza: l’incapacità - da parte di tale approccio - di produrre “framework containing its own tools of research able to liberate African history
from its dependence and subjugation”56.
Quali le modalità per creare una scienza storica africana, originale e autonoma in
relazione a quella europea ? Innanzitutto, occorre elaborare un nuovo paradigma, in
cui si abbia una coscienza storica parallela al divenire degli avvenimenti, focalizzando
le ricerche sulla centralità della classe lavoratrice mozambicana e sulle sue trasformazioni, più che su un progetto - molte volte vago - per il futuro.
Si tratta, ovviamente, di un meccanismo non automatico, ma che necessita di alcuni passi che il nuovo approccio scientifico deve compiere. In primo luogo, rifiutare
l’antropologizzazione delle classi lavoratrici; poi, definire un metodo per effettuare
analisi specifiche, anche se sempre dentro un quadro teorico ben definito. Questo al
fine di evitare la “fossilization of history”, poiché uno degli obiettivi fondamentali della nuova visione proposta è elaborare una storia viva, processuale ed in costante
cammino, che mai si ferma di fronte alla certezze assiomatiche. Così, come il contenuto deve affrontare la sfida della “laicizzazione”, anche le fonti devono essere problematizzate, a partire dallo sfruttamento di quelle orali. Fulcro, a livello tematico, è
la lotta di liberazione nazionale, che deve essere studiata secondo le sue dinamiche, e
non “in terms of outside referential comparison”. Per questo, il “nuovo approccio”
deve avere l’obiettivo di democratizzare e popolarizzare la storia nazionale, ponendo
questa prospettiva all’interno dell’analisi della classe sociale lavoratrice. “Darle voce”,
atttraverso interviste, può contribuire ad evitare un errore che, dall’ottenimento
dell’indipendenza nazionale, è stato costantemente commesso: quello di un “ritualized recording of the struggle”, come è stato messo in evidenza accennando ai manuali
di storia per la scuola primaria.
Dentro una simile prospettiva, il gruppo di lavoro propone temi specifici, marginalizzati o completamente dimenticati dalla giovane tradizione del Mozambico indipendente: il ruolo della donna nella storia della Liberazione, la storia dei mozambicani
che lavoravano in Tanzania e che, fra i primi, cominciarono ad organizzare la resistenza armata, lo spostamento dell’attenzione principale delle ricerche non esclusivamente verso le zone liberate, ma nel costesto dell’intero continente.
Così, i contributi maggiormente significativi offerti dal gruppo di lavoro sopra citato furono di due tipi: un radicale mutamento di prospettiva della disciplina ed un egualmente innovativo arricchimento delle fonti. Tutto questo al fine di ottenere il ri56 Ib., p.2.
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sultato di una moderna, indipendente ed originale scienza storica mozambicana, utile
per la edificazione dei principi socialisti dello Stato, ma con margini di manovra sufficienti per non continuare ad essere “ancilla politicae”.
Questo discorso della progressiva autonomizzazione dal potere politico parte, in
Mozambico, grazie alle posizioni prese dal gruppo di storici del CEA; molto più lenta
sarà la “contaminazione” di tale spirito verso le Scienze sociali propriamente dette,
come la politica accademica può confermare.
La richiesta di autonomia invocata dagli storici del CEA rappresenta un punto di
vista minoritario. Infatti, gli altri interventi si collocano, in larga prevalenza, su una
linea di fedele accettazione di ciò che il Partito-governo aveva elaborato dal 1975, e
che si è tentato di riassumere sopra.
Il discorso di F.Ganho, allora Rettore dell’UEM, pone immediatamente i termini
della questione. Le scienze sociali, in Mozambico, hanno senso soltanto se si collocano all’interno di una visione che ha lo scopo di alterare le condizioni sociali della popolazione. Ancora una volta, viene criticata la “ciência social burguesa”, presente in
Africa del Sud, che intende mantenere il vigente ordine sociale. Il discrimine è chiaro:
la lotta si presenta fra una scienza che vuole modificare la società ed un’altra che mira
a mantenerla57. In questo senso, una simile visione propone di nuovo una schematizzazione classica, che il gruppo di storici del CEA aveva classificato - nello stesso incontro - come eredità di un approccio “dependente” e scarsamente autonomo in confronto a quello occidentale.
Le due linee caratterizzano gli interventi svolti lungo l’intero arco dell’incontro,
con una chiara prevalenza dell’adesione a quella sostenuta da Ganho.
Qui è possibile ricordare soltanto gli interventi principali per ciò che concerne la
relazione Scienze sociali - indirizzi politico-ideologici.
J.Saul, nel suo discorso, si colloca secondo un angolo visuale molto radicale, proponendo una scienza dello sviluppo “que conscientemente e sem complexos se associa à ‘luta de classes’, à luta pela verdadeira libertação da África Austral”58. Ancora
una volta, si intende evidenziare come la teoria borghese voglia affermare che il capitalismo riesca a risolvere i problemi del sottosviluppo, mentre quella marxista compie
una valutazione esattamente contraria. Il punto debole di quest’ultimo approccio sarebbe che il marxismo africano esisterebbe, ma sotto troppe varie forme e correnti, il
che ostacolerebbe l’unitarietà dell’iniziativa ideologico-scientifica. Ad esempio, Saul
57 Ib., Discurso de abertura pelo Reitor, UEM, ora in F.Ganho, art. cit..
58 J.Saul, Estudo do desenvolvimento para mudança social na África Austral, ib., p.1.
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cita il “marxismo populista” (o “nacionalismo negro”) proposto da Dan Nabudere, che
sottostima gli effetti della forza ancora esistente del capitale globale nel Terzo Mondo;
quello “formal”, legato al “catecismo e abstractismo do stalinismo”; quello “produtivista”, ecc.. La conclusione, in verità assai astratta, è che il marxismo dovrebbe caratterizzarsi come “aplicado”, secondo contenuti piuttosto vaghi. In parallelo, e quale dimostrazione esplicita dell’approccio che deve essere seguito, l’autore conclude affermando: “Naturalmente, a investigação do Centro está intimamente ligada às necessidades definidas pelo Partido e pelo Estado”59. Parole che rivelano, con una chiarezza
assoluta, l’idea dell’approccio che le Scienza sociali devono avere nella loro relazione
col Potere.
L’altro contributo degno di essere ricordato è quello elaborato dal CEA, che si situa
in posizione interlocutoria fra quella del gruppo di storici e quella del Rettore e di
J.Saul.
In questo caso60, dopo aver chiarito che è la “political unity which defines the areas of action for social research in Mozambique today”, il documento sottolinea come
la politica di alleanza fra contadini e lavoratori abbia influenzato notevolmente
l’attività di ricerca del CEA. Il quale ha sviluppato principalmente tre settori: il primo,
“the choice of research problem”; il secondo, l’unità della “research with teaching and
the application of research”; il terzo, stabilendo una unità analitica “within which the
research is conceived and executed and within which the Centre operate as a whole”61.
Per l’analisi dei tre settori prima citati si rinvia alla lettura dell’intero documento.
Tuttavia, sembra opportuno ricordare quelle che furono le conclusioni di questo contributo, che si situano, ancora una volta, fra un’adesione - difficile dire quanto convinta o quanto necessaria - alle indicazioni della Frelimo e una richiesta di autonomia
nell’attività di ricerca. “It has become increasingly clear - si legge nel documento62 that the choice of problem cannot be simply by deciding to look at what FRELIMO’s
estrategy of socialist transformation means in a particular sector of production”; al
contrario, occorre prendere in considerazione un’ottica generale, che leghi gli aspetti
tattici con quelli strategici, ed all’interno della quale soltanto le Scienze sociali siano
in grado di offrire un contributo decisivo alla edificazione della società socialista.
Questo concetto è evidenziato quando il documento parla dell’unità fra teoria, inse59 Ib., p.7.
60 Si tratta di CEA, Strategies of Social Research in Mozambique: The Case of the Centre of African
Studies, ib..
61 Ib., p.2.
62 Ib., pp.6-7.
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gnamento ed applicazione pratica della ricerca. In tal senso, nel contesto mozambicano, “social rersearch must play an immediate and active role in the process of socialist transformation”; e nel medesimo contesto il CEA ha il compito di produrre, in parallelo coi progressi della rivoluzione, non studi “estáticos”, ma ricerche sociali per offrire suggerimenti originali al Potere politico.
L’integrazione teoria, pratica ed insegnamento è raggiunta dal CEA principalmente
attraverso il corso sui problemi dello sviluppo, rivolto a studenti scelti dal governo e
dalle strutture politiche, che dovrebbero restare a lavorare all’interno di queste, e che,
dopo aver concluso le lezioni, avranno il compito di insegnare ciò che hanno appreso
a colleghi più giovani. Così, si conclude il circolo studio - lavoro - insegnamento: “The
aim of this course, then - sottolinea la relazione63 - is to come to terms with the concrete reality of transformation in Mozambique”. Vera base di questo è “to understanding imperialism in Africa and socialist revolution in Mozambique”.
Dopo molte osservazioni tanto interessanti quanto in parte contraddittorie, che rivelano la ricerca di uno spazio autonomo di ricerca all’interno di un quadro teorico
disegnato, il contributo del CEA si conclude nel modo seguente: “vi è una effettiva e
profonda condivisione fra équipe docente del CEA, studenti e Frelimo per quel che si
riferisce all’ideologia da adottare. Questa è l’ideologia marxista. Infatti, si afferma:
“FRELIMO’s consistent insistence on making Marxist theory (...) is perhaps the most
important determinant of strategies of social research in Mozambique”. Il CEA aderisce a questa filosofia, motivo per il quale aveva deciso già da molto tempo di non operare come centro di ricerca indipendente, ma “as interesting as well-grounded in
Marxist analysis”. Allora, in un modo o nell’altro, la ricerca sociale resta inclusa nella
visione marxista proposta dalla Frelimo. Ciò che può essere considerato come un contributo originale è, da un lato, il tentativo, da parte del Centro, di effettuare studi più
specifici sulla realtà effettiva del Mozambico, nonostante che questi si presentino
sempre inquadrati in un contesto definito; dall’altro, iniziando ad analizzare le classi
sociali mozambicane e le loro trasformazioni, con metodi in parte nuovi.
63 Ib., p.9.
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3.Le Scienze storico-sociali verso la svolta liberista del Mozambico.
In complesso, l’incontro appena citato pone alcune questioni particolarmente significative per lo sviluppo di una moderna prospettiva delle Scienze storico-sociali
mozambicane. Gli elementi emergenti si riferiscono soprattutto al contrasto fra la
sempre crescente necessità, da parte degli uomini di scienza, di avere un autonomo
spazio di ricerca, introducendo nuove metodologie di lavoro, e la volontà, da parte del
governo, di mantenere una impostazione ideologica molto rigida, che - all’inizio degli
anni Ottanta - già presenta gravi restrizioni. Insomma, sia storici, sia (in parte) scienziati sociali segnalano la necessità di trasformare la ricerca “marxista” allora dominante in una che conservi questo quadro teorico di riferimento, ma che riesca a penetrare dentro i problemi reali della società e della storia mozambicane. Così, deve essere rivisitato il “racconto” della Liberazione e di tutta la storia nazionale, secondo paradigmi più “aperti”, flessibili ed originali, e secondo nuove tecniche di investigazione; e deve essere corretto anche l’esame della società mozambicana, fino al quel momento piuttosto “ideologico” e schematico, passando ad una strumentazione più moderna e penetrante.
Soltanto in questo modo sarà possibile, per il Mozambico, competere - innanzitutto in ambito culturale e scientifico - con gli altri paesi; il rischio è l’esclusione dal dibattito internazionale, non riuscendo a formare personale qualificato, insomma restare nel sottosviluppo a causa di scelte politiche che impediscono lo svilupparsi delle
potenzialità espresse da parte degli studiosi e da parte dei ricercatori locali. Il fatto
che la classe dirigente mozambicana non abbia compreso in pieno l’importanza di
questa sfida rappresenta, probabilmente, uno degli errori più gravi commessi nel corso dell’esperienza avviata con l’indipendenza.
Questo ritardo nella comprensione delle nuove necessità porta ad una conseguenza: una relazione sempre più difficile tra Potere politico e sviluppo delle Scienze storico-sociali. Infatti, soltanto un anno dopo l’incontro prima citato, la Frelimo decide di
cambiare la sua base ideologica: nel corso del IV Congresso (1983) lo scenario muta:
vi è l’adozione del liberismo in economia e, in ambito culturale, nonostante la legge
4/1983, sulle “Linhas gerais do Sistema Nacional de Educação”, in cui continua
l’esaltazione dell’esperienza della lotta armata e dell’ideologia marxista-leninista, con
l’introduzione della promozione, nelle scuole e nella società, del “patrimonio comum
da humanidade”, un parallelo, ma molto lento passaggio verso il pluralismo.
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Quando, nel 1989, il V Congresso approva l’accordo con Banca Mondiale e Fondo
Monetario Internazionale (1986), lo scacchiere ideologico-politico muta radicalmente. In parallelo, stessa cosa avviene per le Scienze storico-sociali.
Così, la Frelimo mira ancora a plasmare un nuovo sistema di valori, il cui punto
fondamentale è fermare la guerra, distruttrice delle possibilità di crescita economica
del paese. Se, negli anni della lotta armata contro i portoghesi, obiettivo primario era
l’ottenimento dell’indipendenza, molto più che la costruzione di uno Stato socialista,
in prossimità degli anni Novanta lo stesso accade per quel che si riferisce alla fine della guerriglia che stava distruggendo tutto il Mozambico. Allora, a questo obiettivo
sono subordinati tutti gli altri. L’ideologia che dovrebbe sostenere tale nuovo progetto
è differente da quella marxista, adottata alle origini del Mozambico indipendente.
Adesso la parola d’ordine resta l’affermazione della giustizia sociale, ma con
un’aggiunta assai importante: quella della libertà, della “persuasão e não imposição”,
della collaborazione con le varie espressioni della società mozambicana, come le confessioni religiose, le organizzazioni sociali e professionali, ecc., per costruire un progetto comune e condiviso.
A livello politico vi è il passaggio dal mono al pluripartitismo, mentre la Frelimo ed
il suo Presidente, Chissano, stanno preparando il paese per dibattere il progetto di revisione della Costituzione64.
In questo contesto, le Scienze storico-sociali mozambicane attraversano fasi differenti: in un primo tempo, subito dopo l’accordo del 1986 con BM e FMI, esse quasi
scompaiono, nei termini di presenza attiva alla costruzione del nuovo modello di sviluppo. Questo accade in corrispondenza dell’”abbandono” delle politiche sociali da
parte del governo. “Le marché dicte sa loi, l’Etat n’intervient plus dans l’activité économique proprement dite”65.
Le conseguenze sono immaginabili: insieme ad una qualità dei servizi sempre più
scadente e sempre più riservata all’élite privilegiata - a partire dai settori vitali della
salute e dell’educazione - vi è una ricomposizione delle classi sociali e del blocco dominante. Così, il processo di redistribuzione della ricchezza non ha potuto evitare di
manifestarsi secondo una netta divisione fra “les gagnantes et les perdantes”, dove gli
ultimi sono la maggioranza assoluta della popolazione.
In questa situazione di confusa transizione, l’interesse delle nuove classi dominanti
affinché il governo dia vita ad una politica di promozione di uno “Stato sociale” è pra64 Cfr. Frelimo, Frelimo 90/Moçambique 2000, Maputo, 1990.
65 J.Marchand, Économie et société dans la transition liberale au Mozambique, “Lusotopie”, Transition Liberale en Afrique Lusophone, Paris, Karthala, 1995, p.113.
Il Trimestrale. The Lab's Quarterly
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ticamente assente. E lo stesso deve affermarsi per le Scienze sociali escluse dal nuovo
modello di sviluppo. Anzi, comincia un’opera di profonda e capillare cooptazione degli intellettuali, “neutralizando a sua capacidade de crítica da realidade”, ossia di
quella che dovrebbe essere la funzione principale della scienza.
Un parziale mutamento di questa situazione si ha dopo l’adozione di una politica
che, mantenendo gli obiettivi del PRE in termini di crescita, aggiunge misure sociali
più chiare. Infatti, la nuova “formula” in cui può essere riassunto il senso del nuovo
modello di sviluppo viene adottata dal governo mozambicano dal 1995, configurandosi come Programa de Reabilitação Econômica e Social. In conseguenza di tale cambiamento, da non molto tempo anche le opzioni di politica accademica hanno cominciato a prendere di nuovo in considerazione le discipline che intendono studiare i mutamenti sociali nella realtà mozambicana.
Così è stato istituito, nella Facoltà di Lettere, il dipartimento - col “bachelierado” di Ciências sociais (1995), col progetto de attivare, entro poco tempo, un vero e proprio corso di “licenciatura”, dimostrando i governanti la volontà di equilibrare
l’egemonia culturale ed istituzionale delle materie tecniche e legate ad una concezione
dello sviluppo come mera crescita quantitativa.
Ecco perché oggi, accanto a quest’ultimo approccio, vi è spazio e addirittura necessità che le Scienze storico-sociali abbiano un ruolo significativo nella vicenda legata
allo sviluppo di un paese, che deve essere ricostruito non soltanto nelle sue basi economiche, ma (forse soprattutto) in quelle morali e culturali. In questo ambito, il ruolo
attivo delle Scienze storico-sociali diventa indispensabile per l’edificazione di una società in grado di riflettere sui valori da adottare, sul passaggio da una società in prevalenza rurale ad una urbana, sui problemi di disagio sociale di giovani e donne. Se
gli scienziati riusciranno a “deideologizzare” il loro approccio, soprattutto evitando
un omaggio al nuovo sistema liberale adottato in economia o una egualmente pericolosa contro-reazione legata alle vestigia ideologiche dell’epoca socialista, o, ancora, un
piatto empirismo fine a se stesso, senza per questo rinunciare a svolgere una funzione
di comprensione e costruzione della nuova società, forse la possibilità che le Scienze
sociali mozambicane si affermino come asse fondante del paese risultano sempre più
concrete. Questa è la nuova sfida che, all’inizio del nuovo millennio, gli scienziati sociali mozambicani devono affrontare, con tutte le aspettative ed i rischi del caso.
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Fra dipendenza e autonomia. Scienze sociali, cultura ed